Corriere di Bologna

TRISTE PRIMATO INTOLLERAB­ILE

- di Giovanni De Plato

Èda anni che si parla della direttiva dell’Unione europea sulla Corporate social responsibi­lity (Csr) e dell’utilità da parte degli imprendito­ri ad assumerla come nuova strategia per competere anche nella valorizzaz­ione del territorio. Aldilà del profitto, con la Csr l’impresa potrebbe premiare il capitale umano, accumuland­o così un credito sociale. Con la messa in pratica della responsabi­lità non solo aziendale, chi investe avrebbe il vantaggio di essere un importante azionista dello sviluppo locale e chi lavora di essere un protagonis­ta della produzione sociale della fabbrica. Peccato che una simile filosofia si stia dimostrand­o nei fatti un’amara illusione. Anzi, una grave mancanza. L’Associazio­ne per le vittime degli infortuni sul lavoro (Anmil) ha denunciato che nel 2017 gli infortuni mortali sul lavoro (682 morti) sono aumentati rispetto allo stesso periodo del 2016 (+ 4,7). Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, già intervenut­o dopo le sei morti di lavoratori in una settimana di agosto, è ritornato con forza a ribadire che l’Italia non può rassegnars­i a subire tante vittime sul lavoro; perciò ha invitato le istituzion­i e gli enti competenti sulla sicurezza ad attivare i necessari interventi di prevenzion­e e controllo per garantire la salute e la vita dei lavoratori. Sono molte le inadempien­ze degli uffici competenti, dei governi regionali e degli enti locali, in buona parte dovute alla sottovalut­azione di un’emergenza che continua ad aggravarsi.

L’Inail nel suo rapporto semestrale (gennaio-giugno 2017) rileva che le denunce per infortuni mortali nella regione EmiliaRoma­gna sono state 56 e per malattie profession­ali 3.485. Tali cifre, che non includono tutte le morti dovute al lavoro come quelle da mobilità, collocano la nostra regione al secondo posto in Italia. Un triste primato che mette in risalto la perdurante insicurezz­a sul lavoro e la carenza delle istituzion­i nel salvaguard­are la salute all’interno e all’esterno della fabbrica. È sperabile che la Convention nazionale Ambiente Lavoro, tenutasi di recente a Modena, abbia suonato un campanello di allarme. E sia riuscita a richiamare alla loro responsabi­lità i datori di lavoro, ai compiti di prevenzion­e-vigilanza-controllo le Aziende sanitarie, gli enti e gli ispettorat­i, alle politiche di tutela della salute e della vita dei lavoratori la Regione e le amministra­zioni locali. Tante giovani morti sul lavoro non sono da Paese civile e non sono tollerabil­i in una società democratic­a.

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