CARLO BONONI L’ULTIMO SOGNATORE
Soggetti sacri calati nel quotidiano, le emozioni e la potenza dei corpi Da sabato al Palazzo dei Diamanti la prima monografica sul pittore estense del Seicento amato anche da Guido Reni eppure ad oggi poco conosciuto In tutto 51 capolavori che rivelano u
Andrea Emiliani nel 1962 gli dedicò una monografia. Ma è stata un eccezione: l’esperienza di Carlo Bononi. per quanto il suo nome sia stato accostato a quelli di Caravaggio e Tintoretto. sembrava destinata a un certo punto ad essere ignorata dalla critica. Una specie di oblio che solo anni precedenti sarebbe stata incomprensibile, se si esclude il periodo in cui era attivo a Reggio Emilia, tra il 1616 e il 1629.
Perché Bononi è un artista inafferrabile, per la varietà dei soggetti e per la difficoltà ad essere ascritto a un preciso contesto artistico. Ferrara, la sua città natale, ora ne riporta in luce la ricchezza nella prima monografica a lui dedicata. «L’ultimo sognatore dell’officina ferrarese» è il titolo dell’esposizione aperta da sabato al 7 gennaio al Palazzo dei Diamanti organizzata dalla Fondazione Ferrara Arte e curata da Giovanni Sassu e Francesca Cappelletti.
Lungo il percorso si affacciano 51 capolavori, tutti di grande formato, che danno conto dello sguardo poliedrico del pittore. Sette le sezioni per raccontare gli esordi a Venezia e Bologna, i primi successi sulla scena emiliana quando molti committenti se lo contendevano, le decorazioni incredibilmente moderne per le intuizioni formali di Santa Maria in Vado e le incursioni tra barocco e naturalismo, le figurazioni del sacro e la rappresentazione dei nudi maschili declinati in una sorta di misticismo sensuale. Di Bononi si è dibattuto anche sulla data di nascita. Giacomo Baruffaldi la colloca nel 1569. Ma secondo più approfondite indagini pare che sia nato nel 1580. Un salto di dieci anni che fa comprendere come Bononi abbia potute vivere appieno la tensione religiosa del suo tempo e il periodo buio dei terremoti, delle carestie e delle pestilenze. Il sacro, per lui, è parte del quotidiano vivere: nel Miracolo di Soriano o l’Angelo Custode, persone comuni incarnano i volti e corpi di santi e madonne. La potenza delle emozioni, che esplodono nelle
immagini religiose, nella carnalità dei corpi scolpiti o nelle scene naturalistiche che spesso gli commissionavano ha incantato anche i suoi contemporanei. Guido Reni ne ammirava la «sapienza grande nel disegno e nella forza del colorito». Più tardi ha attirato l’attenzione dei viaggiatori del Grand Tour. Tanto che per Goethe, deluso dalla sua visita a Ferrara, una delle poche fonti di bellezza incontrate è il dipinto Erode ed Erodiade nella chiesa di San Benedetto, con i cagnolini che abbiano al profeta seminudo: «Mi è sembrata — scrive — un’ispirazione molto felice».