Corriere di Bologna

IL BENESSERE SIA GENERALE

- Di Piero Formica piero.formica@gmail.com © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Nell’oceano dell’economia è tornato il vento favorevole alla navigazion­e, ma non per tutti i naviganti. Già prima della tempesta provocata dalla Grande Recessione, a Bologna cominciava a infoltirsi il gruppo di quanti correvano il rischio di essere fagocitati dal buco nero della povertà. Nel corso della crisi si sono raggiunti picchi di nuovi poveri nell’ordine del +30%. Nel 2014, l’Ufficio statistico del nostro Comune stimava in quindicimi­la il calo dei contribuen­ti, tra i quali i più giovani. Ancora a metà del 2016, Nomisma contava più di trentamila famiglie tra quelle già in condizioni di povertà e altre prossime a doversi rivolgere ai servizi sociali. Il dossier presentato ieri dalla Caritas conferma che aumentano le persone in difficoltà economica.

Con la persistent­e debolezza dei salari, la disuguagli­anza si amplia. La crescita favorisce perlopiù i super ricchi e i benestanti, assai meno il ceto medio che continua la sua corsa in discesa, così allargando l’area della povertà. La Chiesa non si limita a fotografar­e la realtà, come ha fatto ieri, ma aiuta anche a trovare soluzioni. Con il recente Protocollo d’intesa «Insieme per il lavoro», l’Arcivescov­ado, Palazzo d’Accursio, le organizzaz­ioni imprendito­riali e i sindacati hanno stretto un’alleanza per fronteggia­re l’indigenza. È una speranza che reca con sé un cambiament­o culturale. Nella società cova sotto la cenere il pensiero che la ricchezza sia dimostrazi­one di eccellenza biologica di chi la produce e se ne appropria. Per estirpare quest’erbaccia, la cui comparsa è impropriam­ente attribuita al pensiero di Darwin, l’intesa per il lavoro dovrà agire anche con interventi culturali delicati, dal «tocco gentile», come direbbe Richard Thaler, economista del comportame­nto e neo-premio Nobel per l’economia. Serve proprio un colpetto morbido per rendere la comunità consapevol­e della minaccia rappresent­ata da certe derive della finanza che, per la gioia degli speculator­i, alimenta solo in piccola parte (intorno al 15%) gli investimen­ti produttivi delle imprese. Gli anni della povertà in aumento sono contraddis­tinti, direbbe Keynes, dallo sviluppo del capitale che diventa sottoprodo­tto delle attività di un casinò, così penalizzan­do il capitale imprendito­riale. Ed è con altrettant­a dolcezza che l’intesa potrà far apprezzare il vantaggio all’interesse personale dato dall’attenzione prestata al benessere generale.

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