Corriere di Bologna

Giovani e stranieri Boom di nuovi poveri

Nel 2016, in Emilia-Romagna, 43.000 persone sono state seguite dalla Caritas. Aumento di indigenti, record a Bologna: più 8,8%

- Velonà

Nel 2016, in Emilia-Romagna si sono rivolte ai centri d’ascolto della Caritas 15.938 persone. Se si contano i familiari conviventi (27.285) si supera quota 43.000. È la fotografia delle vecchie e nuove povertà proposta dalla Caritas in un dossier che raccoglie i dati dei centri di ascolto. A Bologna, nel 2016, le persone che si sono rivolte alla Caritas sono aumentate dell’8,8 %. Un boom che si spiega con l’arrivo dei profughi. Ma crescono anche gli italiani poveri: uomini, spesso separati, che hanno perso il lavoro. «Dobbiamo cercare risposte durature», dice il vescovo Matteo Maria Zuppi.

Nel 2016, in Emilia-Romagna si sono rivolte ai centri d’ascolto della Caritas 15.938 persone. Se si contano i familiari conviventi degli interessat­i (27.285) si superano le 43.000 persone. E cresce il numero di chi ritorna a chiedere aiuto: nel 2005 solo il 20 % delle persone si era già rivolto ai Centri, dieci anni dopo la quota è salita al 50%. È la «fotografia delle povertà» contenuta nel settimo dossier delle Caritas diocesane intitolato stavolta «medaglie spezzate». La metafora è spiegata nell’introduzio­ne dello studio che è stato presentato ieri all’Istituto Veritatis Splendor: solo chi possiede l’altra metà della medaglia che ciascun povero ha in tasca può riconoscer­e questi «figli abbandonat­i, malati, offesi e derubati della loro dignità».

Il dossier aiuta a orientarsi nel mondo delle vecchie e nuove povertà. I numeri, intanto. Bologna è una delle tre diocesi della regione (con Parma e Fidenza) in cui è aumentata nel 2016 la gente che si è rivolta ai Centri d’ascolto: +8,8% rispetto al 2015. Due terzi di queste persone sono stranieri (dato in linea con quello regionale) e vengono soprattutt­o da Marocco, Romania, Tunisia, Nigeria e Pakistan. E questo spiega anche perché i giovani, in generale, sono in aumento (in regione sono passati dal 4,9 del 2004 al 24 % del 2016).

«L’aumento dei casi che abbiamo trattato nel 2016 si spiega soprattutt­o con gli arrivi in massa di profughi e richiedent­i asilo, che sono spesso molto giovani», spiega Mario Marchi, direttore della Caritas bolognese. «Si tratta di persone arrivate qui solo con le ciabatte e i pantaloni — prosegue — naturale che si rivolgano a noi». Ma l’analisi dice che gli italiani sono un terzo del totale. Un dato sostanzial­mente stabile da qualche anno a questa parte, ma in crescita se si considera il lungo periodo. Nel 2004, su dieci persone incontrate dalla Caritas, solamente due erano italiane, ora sono 3,5. E se l’identikit degli stranieri è più facile da tracciare, quello degli italiani è spesso ignoto ai non addetti ai lavori. Per orientarsi si può dire che, tra i connaziona­li, sono aumentati gli uomini — che sono passati dal 58,1 al 60 % — la maggior parte dei quali celibi, separati o divorziati (mentre gli stranieri sono per lo più coniugati, ma non sempre conviventi con la famiglia che è rimasta in patria).

«Gli italiani sono soprattutt­o persone che hanno perso il lavoro: una tipologia di povertà nuova ma anche più faticosa perché tocca gente che era abituata a farsi da sola e ora vive una situazione di pudore e di fatica tremenda nel chiedere aiuto — prosegue Marchi —. Sono persone che magari hanno figli di 15 anni ancora da mantenere e dopo un anno senza lavoro iniziano a vivere una mancanza di autostima enorme. Operai e impiegati che hanno perso il posto faticano a ricollocar­si: i curriculum non bastano. Cerchiamo di convincerl­i a non sedersi, a non scoraggiar­si, ma non è semplice. Purtroppo non intravedia­mo ancora la luce in fondo al tunnel della crisi che va avanti da molti anni».

Nel 75% dei casi gli utenti della regione sono disoccupat­i. Ma il 13,6% dichiara uno stipendio (magari saltuario o mal pagato) e il 4,8% è pensionato. Soprattutt­o, in più della metà dei casi, ha un tetto sulla testa. E questa è una novità assoluta rispetto allo stereotipo del bisognoso senza casa. «Solo» il 37% delle persone che si rivolgono alla Caritas non ha una dimora. A Bologna il 5% ha una casa di proprietà, circa il 50% sta in affitto, un buon 15% abita in un alloggio popolare. Ma l’abitazione, da sempre uno dei principali indicatori di benessere, ormai non lo è più, neanche per gli italiani. Chi perde il lavoro o non guadagna abbastanza fatica a pagare l’affitto o un mutuo. Il passo successivo è ritrovarsi a dormire all’aperto. E per chi perde la casa, i tempi di permanenza in strada si sono allungati sempre di più: oltre 4 anni, soprattutt­o per gli italiani, mentre gli immigrati tendono a spostarsi in altri Paesi. Gli operatori segnalano, sempre per gli italiani, condizioni sempre più fragili nei rapporti umani e nella cerchia delle amicizie. Solitudine e condizioni di salute precaria sfociano nell’abuso di sostanze, nell’alcolismo, nei problemi psicologic­i.

E qui arriviamo alle risposte. Gli interventi delle Caritas non si limitano più soltanto alle mense e ai pacchi viveri. Ora si punta sugli empori solidali, simili ai supermerca­ti, dove gli utenti possono servirsi gratis e in autonomia. Sempre più comune è il ricorso al Banco farmaceuti­co e agli ambulatori. Ma la Caritas individua ormai il «lavoro come priorità»: formazione e orientamen­to profession­ale sono percorsi sperimenta­ti in molte Diocesi. «Ma capita spesso di non riuscire a fornire risposte efficaci»,conclude il dossier.

Marchi L’aumento dei casi che abbiamo trattato nel 2016 si spiega soprattutt­o con gli arrivi in massa di profughi e richiedent­i asilo, che sono spesso molto giovani Gli italiani sono soprattutt­o persone che hanno perso il lavoro: una tipologia di povertà nuova ma anche più faticosa perché tocca gente che fa fatica a chiedere aiuto

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