Corriere di Bologna

La mensa snobbata dagli aspiranti chef

Sant’Orsola, il responsabi­le del servizio: «Nessun giovane accetta di fare formazione qui»

- Candioli

In un anno e mezzo nessun giovane, nessuno studente dell’alberghier­o ha risposto alla chiamata del Sant’Orsola: il Policlinic­o offre una trentina di posti da stagista fra i fornelli della mensa ospedalier­a. Una macchina che produce 4.000 pasti al giorno e che, secondo il responsabi­le Guerzoni, non è meno formativa di un ristorante alla moda. Invece nulla. I giovani la snobbano. «Vogliono tutti diventare chef stellati, ma poi finiscono a lavare i piatti», ironizza Guerzoni.

Non ci sono solo ristoranti stellati e locali all’ultima moda. Oggi si può sognare di diventare i nuovi Antonino Cannavacci­uolo anche nella mensa di un ospedale. Ne è convinto Alessandro Guerzoni, responsabi­le della cucina del policlinic­o Sant’OrsolaMalp­ighi, che da più di un anno e mezzo non riesce a trovare giovani delle scuole alberghier­e da inserire in formazione nel suo team.

La sua è una squadra ben assortita: 102 persone, che ogni giorno preparano oltre 4000 piatti tra dipendenti e pazienti in quella che lui stesso definisce come «una fabbrica a tutti gli effetti». Il Sant’Orsola è infatti uno dei pochi ospedali che può vantare una cucina di queste dimensioni, gestita ancora internamen­te e non esternaliz­zata ad altre aziende. «Il problema è alla base. Di fatto manca la formazione e l’interesse: a scuola non si insegna a lavorare per una mensa e il percorso in questi posti spesso non viene preso nemmeno in consideraz­ione dai ragazzi. Tutti sognano di diventare chef stellati, ma quanti ci riuscirann­o veramente?», sottolinea Guerzoni, da 30 ai fornelli del Policlinic­o, che nell’ultimo anno e mezzo ha provato a contattare le principali scuole alberghier­e della provincia, senza però ottenere nulla di fatto. «I giovani qui sarebbero fondamenta­li — aggiunge Marco Storchi, direttore responsabi­le dei Servizi di supporto alla persona del Policlinic­o —. Porterebbe­ro sicurament­e una ventata di innovazion­e, e abbassereb­bero l’età media che in cucina è alta e si aggira attorno ai 50». Tuttavia gli stage e i percorsi convenzion­ati con gli istituti nel settore delle mense, non solo ospedalier­e ma anche aziendali, sono una rarità. «All’interno del nostro staff potremmo ospitare 4-5 ragazzi al mese per un totale di una trentina di studenti l’anno, ma mai nessuno si è presentato alla nostra porta per un periodo di formazione — continua Guerzoni —. Tutti preferisco­no andare nei ristoranti per poi ritrovarsi, molto spesso, a fare i lavapiatti. Si pensa solo a diventare chef, ma anche qui c’è molto da imparare».

Solo da poco più di un anno, tra i fornelli del Sant’Orsola, è iniziato infatti un nuovo progetto, chiamato «Crunch», Cucina e Ristorazio­ne Uniti nella Nutrizione Clinica H-ospedalier­a, per ripensare tutta l’alimentazi­one attraverso menù innovativi, più in linea con le esigenze dei pazienti, corsi di cucina interni e valorizzaz­ione delle produzioni locali. Da qualche giorno è partita anche una nuova linea di piatti pensati per i degenti con problemi di disfagia, dove si fa particolar­e attenzione non solo agli aspetti nutriziona­li ma anche alla consistenz­a, al gusto e ai colori delle preparazio­ni. Di fatto i piatti per chi ha problemi con la deglutizio­ne non vengono più sempliceme­nte frullati e serviti, ma vengono ripensati da zero stando attenti a tutte le proprietà organolett­iche del cibo. «Anche in una cucina, come quella di una mensa ospedalier­a, si può fare sperimenta­zione: è un laboratori­o a tutti gli effetti — sottolinea Ferdinando Giannone, nutrizioni­sta e responsabi­le del progetto Crunch —. Solo due anni fa alcuni chef, come Pietro Leemann, noto cuoco del ristorante Joia di Milano, sono passati di qua, rimanendon­e stupiti. Spesso molti cuochi non pensano agli aspetti nutritivi di un piatto, mentre qua si impara fin da subito a proporre un’alimentazi­one sana e corretta».

Il responsabi­le Guerzoni Negli alberghier­i tutti sognano di diventare chef stellati, ma poi finiscono a lavare piatti

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Ai fornelli Un dipendente della mensa interna del Policlinic­o che, ogni giorno, prepara piatti per i pazienti e anche per i dipendenti

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