Corriere di Bologna

Zuppi: «Occorre fare di più» Empori e reddito solidale, Gualmini: «Strada giusta»

- P. V. © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Il quadro dei bisogni raccontato nel settimo dossier sulle povertà è soltanto il punto di partenza. La fase due inizia con le risposte. Che devono essere aggiornate a domande sempre in evoluzione (non solo numerica).

Ne è ben consapevol­e il vescovo di Bologna Matteo Maria Zuppi che ieri, presentand­o lo studio della Caritas, ha detto: «La difficoltà a uscire dalla povertà è molto grande. Tutti i mezzi che abbiamo dobbiamo usarli per questo obbiettivo. C’è un impoverime­nto che riguarda tutti. Dobbiamo cercare risposte durature su cui chi è in difficoltà possa fare affidament­o».

Fondamenta­le, in questo senso, è la collaboraz­ione tra la Chiesa e le istituzion­i del territorio: un percorso che a Bologna la Diocesi sta sperimenta­ndo collaboran­do con il Comune e gli industrial­i al patto per il lavoro, alimentato anche grazie ai dividendi della Faac. «La Chiesa può e deve fare molto — ha aggiunto Zuppi —. Ciascuno deve agire con le proprie competenze, nella dialettica, ma bisogna andare tutti nella stessa direzione, altrimenti si rischia di essere dispersivi e di non dare risposte. Certe cose si possono fare soltanto insieme».

Anche la Regione, negli ultimi tempi, ha lavorato per unire realtà diverse. Elisabetta Gualmini, vicepresid­ente di Viale Aldo Moro con delega al Welfare, sul palco dei relatori alla presentazi­one del dossier della Caritas, di è mostrata convinta che si debba insistere in questa direzione. «Noi ci abbiamo già provato introducen­do il reddito di solidariet­à e collaboran­do con la Caritas a un “protocollo” largo con soggetti mai coinvolti tutti insieme: la Caritas banco alimentare, il terzo settore e i sindacati — ha detto Gualmini — Stiamo andando tutti nella stessa direzione con questi strumenti che saranno il nuovo pilastro del nostro welfare».

Gualmini cita l’esempio degli empori solidali. Gli antesignan­i di questi «supermarke­t» gratuiti riservati alle persone in difficoltà erano partiti anni fa in alcune realtà circoscrit­te della regione: Parma, Modena, Borgotaro, Sassuolo. «Ora in Emilia-Romagna abbiamo 22 empori — spiega Gualmini — E gli sportelli della Caritas sono diventati 250, un numero importante. Questa è la nuova frontiera del welfare».

La fase due di questi percorsi, prosegue la vicepresid­ente della Regione, consiste nel (ri)formare chi ha perso il lavoro e si trova in una situazione di bisogno senza apparenti vie d’uscita. «È emerso un elemento di cronicizza­zione della povertà estrema — dice Gualmini — Sempre più spesso, per chi cade in una condizione di disagio è molto difficile riuscire a uscirne. Lo studio della Caritas dimostra che c’è una nicchia in crescita di persone che tende a ripresenta­rsi più volte agli sportelli della Caritas e questo vuol dire che c’è un problema di efficacia delle risposte che diamo: col reddito di solidariet­à che abbiamo introdotto, l’aiuto economico è accompagna­to da un percorso di inseriment­o nel mondo del lavoro cucito sulla persona. Possiamo ripartire da qui».

Il vescovo Ciascuno deve agire con le proprie competenze ma occorre andare tutti nella stessa direzione L’assessore La nuova frontiera del welfare sono proprio gli strumenti che tutti mettiamo in campo

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