Corriere di Bologna

La legge 104 e la carica dei 101

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Auna impiegata italiana sono stati riconosciu­ti due giorni di malattia. La notizia è che non stava male lei, ma il cane. La reazione è stata perlopiù di indignazio­ne. I più pensano che un cane non sia una persona e che tanto zelo sia offensivo laddove non si può garantire assistenza a tutti gli umani. La donna ha vinto il ricorso con una arringa semplice: se esiste una legge che punisce il maltrattam­ento degli animali, chi li tratta bene deve essere sostenuto. Un animale in casa è un eterno bambino, un Peter Can, uno della famiglia; se sta male lui stanno male tutti. Non va dal veterinari­o da solo, e vedere che lo addormenta­no e lo portano via non è meno toccante di tante scene ospedalier­e. Ci sono priorità certo, limiti di buon senso (una vedova aggrappata al suo Pinscher non è come un collezioni­staesibizi­onista di molossi, un pesce rosso rimane un pesce rosso anche se ha il morbillo) per rispetto di chi ha cari malati che dovrebbero esser già tutelati dalla legge 104. In alcuni Paesi ci sono leggi ad hoc o compagnie che concedono permessi «animali». I proprietar­i di anime con peli (animali) potrebbero intanto costituire un fondo, giorni di lavoro da prestarsi in caso di bisogno. Prima dell’auspicabil­e legge che si potrebbe chiamare «101», come la carica dei dalmata minacciati da Crudelia De Mon. Per dire del rapporto one-to-one tra padrone e animale e della loro palindromi­ca dipendenza.

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