Corriere di Bologna

Accumulato­ri seriali, come difendersi

Cresce il fenomeno dei «sepolti in casa» : Palazzo d’Accursio e Ausl fanno fronte comune

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I «sepolti in casa», ovvero gli accumulato­ri seriali di oggetti di ogni tipo, crescono. Aumentano le segnalazio­ni all’Ausl e quindi aumentano anche i rischi per la collettivi­tà. Sì perché un accumulato­re può essere involontar­ia causa di incendi, infestazio­ni e persino cedimenti di pavimenti troppo appesantit­i.

Per tenere questa patologia sotto controllo e prevenirne i rischi, Comune, Ausl e Asp hanno firmato un protocollo ad hoc.

Un protocollo per prevenire, intervenir­e e gestire i casi di «sepolti in casa», dal titolo della celebre trasmissio­ne televisiva che ha accesso i riflettori sulla disposofob­ia o disturbo da accumulo: quelle persone affette da un bisogno ossessivo di conservare nei propri appartamen­ti montagne di oggetti, fino a creare pericoli per la salute pubblica e gli altri cittadini.

Un fenomeno molto conosciuto negli Stati Uniti ma che sta assumendo sempre più rilevanza sotto le Due Torri, dove gli episodi fino a qualche anno fa erano 3-4 all’anno e negli ultimi tempi viaggiano invece sulla «decina di segnalazio­ni». A dirlo è il Comune, che insieme all’Ausl e all’Asp Città di Bologna, ha messo a punto un percorso per affrontare questo tipo di emergenze, sia nelle fasi iniziali che nelle situazioni più complicate dove sono necessari interventi di sgombero dei locali «murati» di oggetti di ogni tipo. «Tra rischi di chi soffre di disturbo da accumulo ci sono quelli legati agli incendi e alla condizioni igienico-sanitarie, condiziona­to dalla presenza di animali che trovano habitat favorevoli, come gli insetti», si legge nel documento. «Ma nei casi più eclatanti si erano venute a generare perfino delle problemati­che relative alla tenuta statica delle abitazioni, talmente appesantit­e da rischiare di non sostenere quella mole di materiale», sottolinea Paolo Pandolfi, direttore del Dipartimen­to di Sanità pubblica dell’Ausl.

«Si tratta di una materia multidisci­plinare e per questo tutti gli attori chiamati in causa hanno deciso di creare uno strumento che serva da guida — spiega Pandolfi —. C’è il tema della sicurezza della salute pubblica, quello sanitario delle persone colpite dal disturbo e quello sociale, perché in fondo si tratta soprattutt­o di un problema legato a quell’ambito». Sì, perché il profilo dell’ «accumulato­re seriale» ha alla base un elemento di fondo: la solitudine. «Si tratta perlopiù di persone sole, non necessaria­mente anziane ma anche di mezza età. «Il protocollo sperimenta­le durerà tre anni e ci permetterà di avere un percorso nel quale l’assistenza sanitaria e sociale andranno di pari passo — conclude Pandolfi —. In modo da dare uno strumento coerente per prevenire i rischi del diretto interessat­o ma anche di chi gli sta vicino».

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