Corriere di Bologna

«Quando chiesi a Craxi: per chi devo votare?»

Francesco Guccini alla vigilia dell’uscita del suo nuovo disco, «L’Ostaria delle dame» (Universal Music) che contiene le registrazi­oni di tre suoi live datati ‘82, ‘84 e ‘85, e che sarà nei negozi a partire da domani, rievoca quei tempi: «Alla chitarra a

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Domani esce il cofanetto (c’è anche una versione a doppio cd) intitolato «L’Ostaria delle dame», che contiene le registrazi­oni di tre live di Francesco Guccini datati ‘82, ‘84 e ‘85. «Questa operazione nasce dal ritrovamen­to dei nastri con le registrazi­oni dei concerti tenuti da Guccini all’Osteria delle Dame», dice Ivan Storti della Universal Music Italia, curatore del progetto, che continua «volevamo celebrare innanzitut­to uno dei più grandi cantautori che la storia della musica italiana abbia mai avuto, portando contempora­neamente alla luce la storia di un luogo che per diverso tempo è stato centro artistico e culturale in un periodo di grande fermento».

Qualcuno può ascoltarlo-leggerlo per piacere, qualcuno per nostalgia, qualcuno per curiosità. Molti cercherann­o un segreto: perché un poeta-cantante di 77 anni, che non canta più, continua a riempire le piazze con i suoi racconti, i suoi libri, le sue riflession­i. Di coetanei e di ragazzi. Forse Francesco Guccini è un tipo «sbimba», come lui definisce in modenese l’arcivescov­o Matteo Zuppi. Uno capace di suscitare speranze, comunque. «Oddio, forse racconto ancora qualcosa nelle mie canzoni», dice nella casa di Pavana, Appenino appena pistoiese, aprendo la porta a un ragazzo che vuol farsi una foto con lui. L’ospite riparte e Guccini, insieme al suocero, il dottor Zuccari, il babbo di Raffaella, riprende a sentire «L’Ostaria delle Dame», la registrazi­one di suoi concerti di decenni fa. «Ohi, mica male». Le porte del tempo si aprono per far rivivere un luogo mitico non solo a Bologna. L’osteria in vicolo delle Dame 2 aperta nel 1970 da Guccini («quel marzo mi feci crescere la barba») e da Michele Casali, domenicano che per decenni precorse la storia cittadina. In quel luogo dove passarono tutti — Ron e Lucio Dalla, Paolo Conte e Roberto Vecchioni, Pierangelo Bertoli, De Andrè per giocare a carta, un giovanissi­mo Alessandro Bergonzoni, Gigi e Andrea e poi e poi — nacquero le registrazi­oni di tre concerti di Guccini dei primi anni Ottanta. «Le aveva il tecnico del suono Gianni Grassilli». I nastri ritrovati hanno generato un progetto gestito dalla Universal Music. L’Ostaria torna a far sentire le sue musiche, i rumori, l’anima. Vita lontana dal vivo. Due proposte. Un cofanetto con 6 cd e le performanc­e integrali (comprese le chiacchier­e tra un brano e l’altro) e un libro di 80 pagine con foto, testimonia­nze, e un’introduzio­ne di Guccini. Oppure un’edizione in 2 cd con una selezione dai 3 concerti e il booklet, disponibil­e anche sulle piattaform­e streaming e in digital download. Intanto il locale del vicolo di fronte al Liceo Galvani, chiuso nel 1985, si prepara a riaprire in questi giorni, recuperato dopo 32 anni — «volevano farne un garage» — dall’avvocato Andrea Bolognini come circolo privato, una «casa della canzone d’autore». Con le vecchie panche numerate, le botti, ma senza — per legge — il vino sempre presente negli anni lontani. «Forse vengo per uno dei concerti d’inaugurazi­one di Juan “Flaco” Biondini», dice Guccini, ricordando il suo chitarrist­a storico. La leggenda — scritta da Famiglia Cristiana — narra anche di un ancora cardinal Wojtyla portato in osteria da Michele Casali. «Di sicuro — racconta Guccini — venne Craxi nel 1984 con i figli dopo il mio concerto in Piazza Maggiore Dalla Via Emilia al West. Gli chiesi per chi votare. Scherzavo, non mi rispose». Per chi voterà lei adesso? «No comment totale. Ogni volta che ho parlato di politica mi sono saltati addosso».

Ostaria? Tutti pensavano si chiamasse Osteria.

«Anch’io. Deve essere stata un’idea di padre Casali. Un grande domenicano, anche nel fisico, sarebbe stato un magnifico Nero Wolfe. Aveva fatto l’impresario teatrale. Mi venne a cercare al Club 37 dove suonavamo, in strada Maggiore, adesso c’è il Mulino. C’eravamo arrivati dopo tanti giri, pure nell’appartamen­to di uno studente in via Nazario Sauro. Alla chitarra c’era il professor Franco La Polla, uno dei tanti che se ne sono andati…».

Erano gli anni della canzone politica. Lei è considerat­o uno dei maestri.

«Ma quando mai? Mai fatto canzoni politiche. Le facevano Ivan Della Mea, Paolo Pietrangel­i con Contessa e io gli dissi che era troppo retorica, Fausto Amodei con Morti di Reggio Emilia, Gianfranco Manfredi. Le mie canzoni erano soprattutt­o esistenzia­li, sul quotidiano della gente. Nei cd c’è Canzone per un’amica. La Locomotiva nacque da un libro di anarchismo romantico che mi era capitato di leggere. Poi venivano fuori anche Auschwitz, Dio è morto, Noi non ci saremo e con Bonvi nel 1973 facemmo un fumetto, Cronache del dopobomba. Visto quel che succede adesso continuano a valere come terribile avvertimen­to».

Lei ad Auschwitz c’è andato con l’arcivescov­o Zuppi: pensa riesca a far sentire la sua azione?

«Lo spero tantissimo. È molto in gamba, la sua è una Chiesa “sbimba”, molto evangelica, di vedute larghe e insieme modesta. Come quella di Bergoglio. A me piace».

Alle Dame venne

Craxi nel 1984 con i figli dopo il mio concerto in Piazza Maggiore

Dalla Via Emilia al

West. Gli chiesi per chi votare Scherzavo, non mi rispose

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Galleria Nell’immagine in alto un collage di foto di Guccini e sotto la copertina del lavoro
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