IL SENSO CIVICO DEGLI ALTRI
Non sorprende la polarizzazione delle opinioni in merito alla «stretta» che il Comune ha dato all’uso della bicicletta in violazione del Codice della strada. Si va dalla guerra alle vere vittime della circolazione stradale (i ciclisti), al risveglio civico nei confronti dei trasgressori indisciplinati e finora impuniti delle regole di convivenza sociale (sempre i ciclisti). In tale confronto — qui estremizzato, ma non tanto, leggendo resoconti e interviste — ci sono alcune contraddizioni che più in generale attengono ai problemi della mobilità in città.
In primo luogo, ragionare per categorie non aiuta, mettendo insieme persone dotate di senso civico che rispettano le regole con altre che hanno un approccio opposto. O, ancora, non considerando la categoria forse più numerosa: chi rispetta le regole spesso ma non sempre (la fretta?), tra senso civico e timore della sanzione. In secondo luogo, non si tratta di categorie assolute: ciclista, motociclista, automobilista e pedone. Personalmente ricado in tutte quelle nominate e credo che la maggior parte delle persone faccia parte di almeno un paio. In terzo luogo, sostenere che alcuni comportamenti non debbano essere sanzionati (quando è la legge a determinarne il disvalore sociale e quindi la punibilità) perché ce ne sono altri maggiormente pericolosi, è un esempio di «benaltrismo» rischioso che, di per sé, non aiuta a individuare un equilibrio più corretto; anzi, all’opposto, può indebolire la certezza (e la effettività) del diritto. Un esempio facile: la contrapposizione tra piccoli e grandi evasori.
Fino a quando non ci saranno meccanismi di controllo totale su ogni momento della nostra circolazione in città e fuori, ma io spero che non accada, non si potranno punire le persone per ogni violazione commessa. Quando il verbale toccherà a noi, ci sembrerà ingiusto, dimenticandoci delle infrazioni commesse e non individuate. Ciò non significa che, sussistendo limiti di personale imposti dalla finanza pubblica, non possano essere date delle priorità nella scelta delle violazioni da perseguire con maggiore impegno (uso del cellulare alla guida: ben fatto). Il che, però, non può portare a zone esentate dal rispetto delle regole e a categorie sostanzialmente impunite. D’altra parte, scelte simili non possono esaurire la politica della mobilità urbana, dovendosi fare riferimento invece a elementi infrastrutturali, pianificatori, di limitazione del traffico e, per i più ottimisti, di educazione stradale.