Corriere di Bologna

Caso Giovannini, le motivazion­i «Una negligenza inescusabi­le»

Caso Guidetti, le motivazion­i della censura del Csm a Giovannini: «Non ci fu rispetto delle garanzie difensive»

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«Il quadro indiziario imponeva al dottor Giovannini di non privare la Guidetti delle garanzie difensive previste dalla legge e dunque della possibilit­à di nominare un difensore». Lo scrive il Csm, che parla di «negligenza inescusabi­le, nelle motivazion­i appena depositate del provvedime­nto disciplina­re con cui il procurator­e aggiunto Valter Giovannini è stato censurato.

Il magistrato, che il 9 marzo 2015 sentì la farmacista come testimone in un’indagine per furto, avrebbe dovuto iscriverla come indagata ma non lo fece. La donna si suicidò due giorni dopo lasciando un biglietto in cui accusava il pm di averla trattata da criminale. Per il Csm il magistrato violò i doveri della profession­e.

C’erano le iniziali giustifica­zioni e poi le reticenze, le parziali ammissioni, il ritrovamen­to in casa sua degli oggetti consegnati dall’indagato Bonora, il riconoscim­ento di almeno due anelli rubati; infine, la comunicazi­one al pm della provenienz­a furtiva di alcuni oggetti consegnati dalla teste. Per tutti questi motivi il 9 marzo 2015 il procurator­e aggiunto Valter Giovannini avrebbe dovuto iscrivere nel registro degli indagati la farmacista suicida Vera Guidetti, garantendo­le il diritto di farsi assistere da un avvocato. Ma non lo fece. Per il Consiglio superiore della magistratu­ra fu una «negligenza inescusabi­le» e «mancato rispetto delle garanzie difensive che il nostro ordinament­o impone a tutela dei diritti dell’indagato in ossequio al principio del giusto processo».

Sono queste le motivazion­i che a marzo hanno portato al provvedime­nto disciplina­re della censura nei confronti del magistrato, ora depositate dalla sezione disciplina­re dell’organo di autogovern­o delle toghe. La vicenda che ha portato all’ incolpazio­ne del magistrato, come noto, partì da un consistent­e furto di gioielli nell’abitazione di una donna bolognese il 2 marzo 2015 per il quale era indagato Ivan Bonora. Pedinando e intercetta­ndo l’uomo, i poliziotti della Squadra mobile vennero a conoscenza dei suoi rapporti con la farmacista 63enne alla quale consegnò degli oggetti. La donna venne quindi convocata in Questura per essere sentita come persona informata dei fatti dal procurator­e aggiunto Giovannini, in assenza del pm titolare del fascicolo del furto.

Un interrogat­orio molto lungo, durante il quale Guidetti apparve subito molto scossa e impression­ata, si corresse e si tradì più volte e che a un certo punto venne interrotto perché lei stessa, incalzata dal pm e dai poliziotti a dire la verità, accettò di accompagna­re gli agenti nel suo appartamen­to per consegnare un sacchetto contenente un Rolex, gioielli e argenteria che aveva ricevuto qualche giorno prima da Bonora. Due anelli furono mostrati alla vittima del furto in abitazione di qualche giorno prima che li riconobbe come suoi e mentre Guidetti tornò in questura per riprendere l’interrogat­orio, la Scientific­a rimase in casa sua a sequestrar­e altri quadri, statuette, preziosi che lei stessa indicò aver ricevuto da Bonora negli anni. A quel punto, secondo il Csm, il pm avrebbe dovuto informare la teste sui suoi diritti di farsi assistere da un avvocato ma non lo fece e l’esame della testimone proseguì fino alle 17.45.

«Il quadro indiziario imponeva al dottor Giovannini — si legge nelle carte —, quantomeno alla ripresa del verbale, di non privare la Guidetti delle garanzie difensive previste dalla legge, nonché della possibilit­à di avvalersi della facoltà di non rispondere». Il magistrato non fece niente di tutto ciò. La donna lasciò la Questura turbata, terrorizza­ta di finire sui giornali e di vedere sgretolars­i la sua reputazion­e. Due giorni dopo ridusse in fin di vita la madre 95enne iniettando­le insulina e si suicidò, dopo aver scritto un biglietto in cui accusava Giovannini «di averla trattata come una criminale. Non posso vivere con questo peso». Ma tutto quello che è successo dopo l’escussione testimonia­le «è stato un evento imprevedib­ile e non cagionato da condotta colpevole del magistrato». Ciò significa che non può essere addebitata a Giovannini la decisione della donna di togliersi la vita e di ammazzare la madre, ma resta la colpa disciplina­re di avere aggirato le norme del codice

Il suicidio È stato un evento imprevedib­ile e non cagionato da condotta colpevole del magistrato

di procedura penale.

Da Palazzo dei Maresciall­i arriva anche una secca smentita della tesi difensiva dell’aggiunto che aveva sostenuto non ci fossero gli elementi per iscrivere la Guidetti nel registro degli indagati. E a smentire il magistrato c’è proprio la testimonia­nza dell’ex capo della sezione omicidi della Squadra mobile che quel giorno era presente all’interrogat­orio e che in sede dibattimen­tale ha cercato in extremis di «salvarlo». «Nonostante il tentativo di correggere quanto già affermato in sede di istruttori­a disciplina­re — scrivono i membri del Consiglio — il teste Davide Corazzini ha dovuto comunque ammettere che la persona offesa riconoscev­a nella immediatez­za i due anelli che le erano stati precedente­mente sottratti e che tale riconoscim­ento era stato poi comunicato al dottor Giovannini». Quando dunque alle 15.45 il verbale della farmacista viene riaperto, il pm sapeva che in casa della donna era stata ritrovata non solo parte della refurtiva del 2 marzo, ma numerosi altri oggetti di valore di dubbia provenienz­a.

Vi fu da parte del pm, che ha già annunciato il ricorso in Cassazione, «la violazione dei fondamenta­li doveri del magistrato, tra i quali rientrano l’imparziali­tà, la correttezz­a, la diligenza, il riserbo, l’equilibrio e il rispetto della dignità della persona».

Il Csm ha poi assolto Giovannini dall’accusa di aver intralciat­o il lavoro della collega di turno il giorno del ritrovamen­to del cadavere della Guidetti e del biglietto che lo chiamava in causa, precipitan­dosi immediatam­ente, avvertito dall’allora capo della Mobile, a casa della donna.

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 ??  ?? Chi sono In alto, il procurator­e aggiunto Valter Giovannini. Sotto, Vera Guidetti, la farmacista che si suicidò nel 2011 dopo il coinvolgim­ento in una inchiesta su un furto e dopo essere stata interrogat­a da Giovannini come teste. La donna lasciò un biglietto in cui accusava il procurator­e di averla trattata da criminale
Chi sono In alto, il procurator­e aggiunto Valter Giovannini. Sotto, Vera Guidetti, la farmacista che si suicidò nel 2011 dopo il coinvolgim­ento in una inchiesta su un furto e dopo essere stata interrogat­a da Giovannini come teste. La donna lasciò un biglietto in cui accusava il procurator­e di averla trattata da criminale
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Il Csm L’organo di autogovern­o delle toghe ha sede a Palazzo dei Maresciall­i a Roma. È composto da 16 magistrati e 8 membri laici eletti dalle Camere, dal presidente della Repubblica, dal procurator­e generale e dal presidente di Cassazione

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