Il libro di Calasso tra turismo e terrorismo
Lo scrittore e fondatore della casa editrice Adelphi presenta domani, in dialogo con Antonio Gnoli, il suo ultimo libro, «L’innominabile attuale». Tra terrorismo e turismo
Che cosa hanno in comune il terrorismo islamico e il turismo? Roberto Calasso, patron di casa Adelphi e notevole scrittore, dedica il suo ultimo libro a questioni stringenti per «l’età dell’inconsistenza», questa nostra, succeduta a quella che il poeta Wystan Auden alla fine della Seconda guerra mondiale definì «l’età dell’ansia». L’innominabile attuale sarà presentato sabato alle 17.30 nella sala dello Stabat Mater dell’Archiginnasio dall’autore, in dialogo con Antonio Gnoli, con letture degli allievi della scuola di teatro Alessandra Galante Garrone. Il volume inizia osservando il terrorismo islamico, reso tristemente famoso da al-Qaeda e dall’Isis. Ma poi affronta tutti i temi di quella che l’autore considera «la società secolare», la nostra, che ha cancellato il sacro, che ha espunto la religione, che è dominata dal numero, dall’algoritmo, dall’abolizione di ogni forma di ritualità, persa soltanto nelle procedure. Una società in cui la pornografia ha s pal a ncato l e s ogl i e di ogni possibile, abbattendo tutti i limiti. Oltre si può andare solo con la morte: quella degli altri, ma anche la propria.
Il libro riprende il lontano La rovina di Kasch del 1983, in cui Calasso trattava del sacrificio rituale. Il terrorismo è una forma suprema di sacrificio: insieme agli altri, uccisi a caso, senza colpa individuale se non quella di essere infedeli o tiepidi, il terrorista sacrifica se stesso. « Fo n d a mento d e l te r r o r e è l’idea che soltanto l’uccisione offra la garanzia del significato», scrive l’autore. E precisa: «Il terrorismo islamico è sacrificale: nella sua forma perfetta, la vittima è l’attentatore». Il suo atto è mirato: «Il nemico primo del te r ror i s mo i s l a mico è i l “mondo secolare”, preferibilmente nelle sue forme comunitarie: turismo, spettacoli, uffici, musei, locali, grandi magazzini, mezzi di trasporto». Ma in questa casualità, in questa legge del numero, il terrorista mima la società che vuole distruggere: eleva a proprio fine il «dio dell’ora», secondo la legge stessa della globalizzazione, di un mondo diventato dappertutto «istantaneo e simultaneo», disintermediato direbbe un teorico del web, senza più filtri, immediato: «Chi si uccide uccidendo è un modello supremo di disintermediazione».
Da questo incipit il discorso si fa complesso, procedendo per brevi paragrafi e per cortocircuiti intellettuali, che chiamano in causa diversi aspetti di un mondo per l’autore avviato sulle sponde dell’apocalisse, del tempo ultimo, o penultimo, dell’apocatastasi (come ha notato Marco Belpoliti), di qualcosa che non si conclude, ma rimanda ad altro.
Sul banco degli accusati è sempre lei, la società dell’inconsistenza, un «mondo frantumato» che «non ha un suo stile e li usa tutti». Una società senza più dèi, che elegge a dio se stessa e la sua felicità, misurabile anche quella con parametri economici — e qui Calasso cita Bentham. «Non potendo nominare, secondo le regole di un canone, ciò che adora, la società appare condannata a una s u p e r s t i z i o ne nuova e i ns i - nuante: la superstizione di se stessa, la più difficile da percepire e da dissolvere. È accaduto allora che i peggiori disastri si siano manifestati quando le so- cietà secolari hanno voluto diventare organiche, aspirazione ricorrente di tutte le società che sviluppano il culto di se stesse. Sempre con le migliori intenzioni. Sempre per recuperare una perduta unità e supposta armonia».
L’analisi procede per balzi poetici evocando Simone Weil e Durkheim, la democrazia e Hitler e Stalin, Mandel’stam, il funz i o n a l i s mo, i l s e c o l a r i s mo umanista e il transumanismo, che cerca la salvezza nella tecnologia. Lampeggiano Google e i Big data, in un orizzonte in cui l’uomo non ha nulla dietro di sé se non ciò che fa e tutto è alla portata di tutti, come nel turismo: «Se i turisti vengono guardati con qualche imbarazzo e un accenno di riprovazione, è l’umanità che guarda se stessa e sospetta di aver perduto qualcosa. (…) Qualcuno ha detto che con la democrazia viene esteso a tutti il privilegio di accedere a cose che non sussistono più».
La seconda parte del libro è una specie di proemio a posteriori alle sconsolate considerazioni sul mondo attuale, una mira bi l e co mposizi o ne a l l a Karl Kraus di citazioni, voci, frammenti di vite. Racconta il precipitare dell’Europa verso il disastro tra il 1933 e il 1945, tra l’avvento del nazismo e la fine della guerra. Si intitola La Società Viennese del Gas, da una bruciante e sinistramente profetica osservazione del 1939 di Walter Benjamin, che notava come quella società avesse sospeso la fornitura agli ebrei, perché non pagavano le bollette, giacché usavano il gas per suicidarsi. Calasso ci precipita in un periodo in cui «il mondo ha compiuto un tentativo di annientamento, parzialmente riuscito». Un tempo penultimo, prima dell’età dell’inconsistenza: dei nostri ultimi giorni dell’umanità?
L’autore Fondamento del terrore è l’idea che soltanto l’uccisione offra la garanzia del significato