A tavola da Aurora Coraggio e originalità
Il coraggio, l’originalità e la potenza nelle proposte della Mazzucchelli
Da quest’oggi riprende la nostra — ci permettiamo di definirla — storica rubrica, visto che ci accompagna dal 30 gennaio 2007. Riprende, dopo qualche mese di pausa per dare la possibilità al «corpo» di chi la firma di (si può dire?) purificarsi, di riportare i valori del sangue alla normalità (perché tacere sulle conseguenze nefaste che questo mestiere sul lungo termine ha su chi lo esercita quasi quotidianamente?). Torneremo ogni venerdì, come sempre, e con qualche novità. Fermiamo subito i lettori fan di Serena Lanza e della sua rubrica «Diamoci all’ittica» , perché dalla settimana prossima sarà nuovamente con noi. In cosa consisteranno le novità? Faremo il possibile per dare una copertura anche sui nuovi locali. Se ne vale la pena ovviamente. Copertura, per quanto riguarda questa pagina nello specifico, significa quello che abbiamo sempre fatto: visite in incognito, assaggi, valutazione, e soprattutto pagamento del conto ( sport, necessario per avere una indipendenza di giudizio, e che purtroppo in questo mestiere viene spesso considerato un optional, sul quale evitiamo per ora di soffermarci). E poi, quando non ci sarà la recensione, ci sarà qualche bella storia sul cibo e sul vino da raccontare.
La cosa che mi ha sempre profondamente colpito della cucina di Aurora Mazzucchelli, che frequento, con regolarità (in realtà molto meno di quanto non vorrei...) da molti anni è che lei e i suoi piatti sono un mondo a parte. Unico. Non riconducibile, — gioco molto facile invece con la maggior parte di tanti altri chef con stelle — ad altri colleghi più noti. Aurora è Aurora. Punto. Unica. Irriproducibile. Perfezionista. Lei è come la sua cucina. O, viceversa, la sua cucina è come lei. Riproducibile da altri, certo, come spesso capita, ma senza la spinta esplo- siva che le può dare solo e soltanto lei. Un libro, utile e applicabile in molti settori del nostro umano sentire, ovvero gli Esercizi di Stile di Raymond Queneau, potrebbe essere usato per focalizzare, descrivere, eventualmente anche smontare e rimontare i piatti di Aurora, raccontandoli da capo a coda in momenti diversi, ma come la giri e la rigiri, partendo da Capo F i ni s te r r e (che poi sono i sapori meravigliosamente violenti che annusi fra le pagine di un romanzo p o r t u a l e d i Je a n Claude Izzo) fino alla Mammella, salsa di cachi e acciughe (piatto nuovo che — evviva — presentano con il proprio nome...), la sua è una ricerca personalissima che non solo va a toccare, ma a strattonare letteralmente, il nostro approccio al cibo. Ti aspetti un sapore, arriva ma ne esplode a fianco anche un altro. Nulla è lasciato al caso (i Ravioli alle erbe in brodo di capretto e formaggio di capra sono in sintesi un piatto che riunisce in sé quello che la capra mangia, quello che è, e quello che produce). Quando Aurora pensa a un piatto non pensa quanto possa piacere al potenziale cliente. È questo anche il motivo per il quale amiamo la sua cucina. Perché è vera. Senza compromessi. E sfida il palato a colpi di «animalità» e «delicatezza» (apparente), che si inerpica nel palato per poi comunque esplodere (Aringa, gelato di aringa, pesche e gamberi rosa crudi). Se dovessimo fare un elenco dei piatti che ci sono piaciuti di più di altri, all’interno della sequenza tellurica proposta al nostro tavolo, dopo c h e a b b i a mo d e t t o «fate voi», citeremmo senza dubbio lo Sgombro, corteccia di carota, semi di senape e maionese al miele gamberi rosa crudi. Il piatto che, assieme Capo Finisterre, di cui abbiamo tessuto gli elogi già in passato e all’Aringa, ci ha inumidito gli occhi. I vini proposti da Massimo Mazzucchelli, per scelte originali, ti fanno volare via. E il conto è, come sempre, onesto. Si parte da 65 vini esclusi.