GULLIVER SFIDA IL NOSTRO CIBO
Isuoi ambasciatori hanno coperto il mondo: dagli Emirati Arabi agli Stati Uniti. A Bologna è stato benedetto da tutti: banche, industriali, università, ordini professionali, la Fiera ex avversaria e l’arcivescovo Matteo Zuppi, profeta dell’uso solidale del profitto, memorabile con il caschetto giallo da «lavori in corso». I taxisti si aspettano 40 licenze, gli albergatori clienti e clienti. Tanti sognano, qualcuno trema, molti sono ancora avvolti da dubbi, non conoscenza, scetticismo.
Fra una dozzina di giorni, il 15 novembre, apre Fico, la Fabbrica italiana contadina. Una sfida colossale su cui Bologna si gioca la propria credibilità. La scommessa non è sulla Disneyland del cibo a cui punta Oscar Farinetti, guru del mangiare come affare economico-culturale con cui sbarcare in Borsa; non è nemmeno la volontà dell’economista Andrea Segrè, il cibo come evento comunitario, diffusore di cultura collettiva. Visioni che da anni convivono con qualche spina. La sfida è per tutta Bologna, in un gioco complicatissimo di equilibri. Fico è un’invenzione che deve trainare economia, società, turismo, cultura, modo di stare insieme. Un Gulliver che non deve schiacciare e insieme non può rimanere intrappolato da tran tran lillipuziani.
Fico è consociativismo come non si vedeva da anni, ci convivono tutti. Promette a regime sei milioni di presenze, come i Musei vaticani (il Louvre ne conta sette milioni e 400 mila): decisiva la capacità di chi amministra di fare ricadere questa agognata ricchezza sulla città, anzi sull’evanescente Città metropolitana e sul territorio regionale. Altrimenti si fallisce. La City of Food negli ultimi anni è sorta nelle stradine medievali del centro. Quasi spontaneamente. Il problema sarà coordinare tale ricchezza con quella a cui aspirano gli 80 mila metri quadrati dell’ex Centro agroalimentare. Questione di collegamenti stradali (speriamo nelle navette) e ancora di più culturali. La difficoltà sarà nel creare interscambio. Le coop, «padrone» di Fico, dovranno mostrare cosa significa davvero essere «signore» in una città, con un progetto unico al mondo. Fico, che ha i manifesti in piazza, deve unire periferia e centro. Gli amministratori devono diffondere il centro in periferia. Equilibri e intelligenza, mentre arrivano il Centro meteo europeo e il Tecnopolo. Bologna nelle sue fascinazioni di potenza. Mangiare è meraviglioso (compagno era/è colui con cui spezzi il pane), saper mangiare è politica. Bologna non si può permettere di fare andare a male il suo grande cibo.