Giovannini: «Sono sereno» E ricorre in Cassazione
Il procuratore dopo le motivazioni della condanna: «Sono sereno»
Il giorno dopo la pubblicazione delle motivazioni della sentenza del Csm che l’ha condannato al provvedimento dis c i pl i nare del l a ce nsura, i l procuratore aggiunto Valter Giovannini torna a parlare del caso Guidetti. «Ho depositato — fa sapere — unitamente al mio legale, il ricorso in Cassaz i one c hi e dendo l ’a nnullamento della sentenza di condanna. Rimaniamo convinti che non vi erano i presupposti, in quel momento, per indagare la signora Guidetti».
Il Csm ha invece scritto nero su bianco tutto il contrario e che fu «un’inescusabile negli- genza» da parte del magistrato non aver garantito alla donna, morta suicida due giorni dopo, il diritto a farsi assistere da un avvocato, in qualità di indagata nell’inchiesta per un ingente furto di gioielli, alcuni dei quali erano stati rinvenuti nella sua abitazione, consegnati a lei dal nomade Ivan Bonora.
Giovannini ribadisce invece la propria convinzione di aver agito correttamente: «In tal senso -— dice — ci conforta la recentissima circolare del Procuratore di Roma, dottor Pignatone, il quale ha chiarito quanto debba essere prudente e non frettoloso il pubblico ministero nell’iscrivere le persone nel registro degli indagati, in quanto ciò crea comunque effetti pregiudizievoli per loro. È ciò che io feci il giorno dell’audizione della Guidetti. Ho piena fiducia nei giudici della Suprema Corte cui mi affido con animo e mente assolutamente sereni».
Secondo la sezione disciplinare del Csm, però, il ritrovamento in casa della Guidetti di almeno due anelli, parte del bottino del furto per cui era stato aperto il fascicolo, doveva indurre il pm a interrompere i l ve r bal e e i nfor mare l a donna dei suoi diritti.
Non si può invece imputare a Giovannini tutto quanto successe dopo: l’omicidio-suicidio della Guidetti e della madre 95enne. La farmacista lasciò un biglietto in cui scrisse: «Ho sempre vissuto per la mia famiglia, per il lavoro e nell’onestà. Per buona fede ho subito un raggiro (...) per essermi fidata di due ragazzini poveri e senza una casa. Ma il dottor Giovannini mi ha trattata come una criminale non credendo alla mia buona fede. Non posso vivere con questo peso».
La sentenza Il pm non rispettò il diritto della donna a farsi assistere da un avvocato difensore Fu una negligenza inescusabile