Corriere di Bologna

IL PUNTO TECNICO SULLA GARA DI SABATO

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Dopo un’operazione al ginocchio, nei primi Settanta, mio padre conobbe al Rizzoli un pasciuto signore crotonese di nome Cosimo. Anche lui era lì per motivi ortopedici. Così, quando saliva a Bologna per farsi controllar­e, ne ospitavamo la famiglia. Stavamo tutti in un loculo di 48 metri, comprati a fatica, ma anche a buon mercato, in un mega condominio destinato ai ferrovieri. Mio padre era usciere all’Officina materiale rotabile, proprio in virtù di quel ginocchio, e quando gli chiedevano dove fosse l’usciere rispondeva: «Lo sto cercando anch’io». A volte gli ospiti erano anche otto. Stavamo strettissi­mi. Quando parlavano tra loro non li capivo, ma mi stavano simpatici. D’estate scendevamo in Calabria. Cosimo lavorava alla Montecatin­i e non lo vedevamo quasi mai. Tutto aveva il sapore della scoperta: enormi caseggiati pieni di bambini rumorosi, un campo da calcio in terra battuta subito dietro, la pallonata che mi arrivò allo stomaco e non mi fece respirare per infiniti minuti, le aranciate con più coloranti della mia vita, il caciocaval­lo appeso in camera, il sale messo da mia madre, per sbaglio, nel latte, la cuccetta del Bologna-Crotone, un ragazzo simpatico in sedia a rotelle ché si era tuffato dagli scogli nell’acqua bassa, le canzoni di Califano che uscivano da vecchie radio, gli eritemi sulla pelle che bruciavano come dardi. Un mondo altro e tosto che mi pare, col velo della nostalgia, bellissimo. Ma guarda te cosa mi sono dovuto ricordare per non scrivere che anche sabato Destro ha fatto pippa.

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