Corriere di Bologna

Quadri prigionier­i di guerra, «a giudizio la curatrice»

La richiesta nell’atto del pm inviato a Belgrado. Il caso delle tele prese da Goering ed esposte in città nel 2004

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È «incontrove­rtibile» che gli otto dipinti del Museo nazionale di Belgrado, al centro di una nuova richiesta di rogatoria della Procura di Bologna, furono illecitame­nte esportati dal Reich a partire dal 1941. È invece infondato che le opere, di artisti come Tintoretto, Tiziano e Carpaccio e dal valore inestimabi­le, furono risarcimen­ti per danni di guerra.

Lo sostiene l’atto inoltrato dal pm Roberto Ceroni alla Corte superiore di Belgrado sui dipinti acquistati dal gerarca nazista Hermann Goering durante la seconda guerra mondiale, finiti nelle mani degli alleati e poi trasferiti nella capitale serba. Gli inquirenti, che puntano al recupero delle tele, replicano alle obiezioni della Serbia, che un anno fa aveva respinto una prima istanza di sequestro, con nuove acquisizio­ni investigat­ive e la richiesta di sviluppare ulteriori indagini.

Dall’atto emerge anche che è stato chiesto il giudizio, per reimpiego illecito, per chi nel 2004 curò la mostra che ospitò i quadri alla Pinacoteca di Bologna.

Nel motivare la richiesta urgente di assistenza giudiziari­a internazio­nale, la Procura bolognese fa notare all’autorità giudiziari­a serba che, con nuove indagini, i carabinier­i del nucleo tutela patrimonio culturale di Firenze hanno accertato «in maniera incontrove­rtibile» che tutte otto le opere furono esportate illecitame­nte dai tedeschi. Accedendo agli archivi degli Uffici Esportazio­ni Nazionali si è constatata l’assenza di documentaz­ione su autorizzaz­ioni all’esportazio­ne per i dipinti. Esiste invece un documento del Governo militare alleato in Germania, indirizzat­o agli uffici militari per le restituzio­ni, che disponeva, fin dal 31 luglio 1947, la restituzio­ne all’Italia delle opere. Quelle acquistate da un antiquario fiorentino, inoltre, «furono prelevate direttamen­te da Goering» per poi essere portate su un treno speciale dirette a Berlino.

La sussistenz­a del reato, è la conseguenz­a tratta dal pm, consente di chiedere la confisca, strumento idoneo «per il recupero all’estero del bene e il ripristino del patrimonio culturale-economico della collettivi­tà». La Procura chiede anche ai serbi di procedere nelle indagini con gli interrogat­ori di due dipendenti del museo serbo, indagate, a cui fare una serie di domande che mirano a ricostruir­e come le opere siano arrivate a Belgrado.

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