Faccia a faccia in spogliatoio Ramagli: «Deboli di testa»
Lungo confronto dopo il ko. Il coach: «Quando andiamo avanti smettiamo di giocare»
Inevitabilmente ora Alessandro Ramagli finisce sul banco degli imputati: dopo la terza sconfitta consecutiva, ancora una volta maturata in modo simile, il postpartita è decisamente caldo. La Virtus sembra la protagonista involontaria del film «Ricomincio da capo»: si ritrova a vivere in loop le stesse situazioni (i vantaggi anche ampi, il crollo nell’ultimo quarto e l’attacco che si pianta), come se fosse il giorno della Marmotta. Sul piano tattico, dopo aver cozzato sulla difesa della Segafredo nel terzo quarto, il coach ospite Diana con la sua zona l’ha incartata al collega bianconero e nel postpartita si gode gli elogi per un primo posto da imbattuto, mentre in casa Virtus si discute di un altro finale horror, con l’attacco irrimediabilmente fermo e situazioni non riuscite anche in uscita dai time out, come la rimessa finale con la ricezione di Slaughter a sei metri dal ferro («palla al giocatore sbagliato nella situazione sbagliata» dirà il coach).
Patron Massimo Zanetti in parterre allarga le braccia di fronte a qualche tifoso che manifesta malumore per un altro ko troppo simile ai precedenti: che sia una serata difficile lo testimonia anche il clamoroso ritardo con cui Ramagli si presenta ai microfoni, a oltre mezz’ora dalla sirena. Parlano Diana e Luca Vitali, mentre della Virtus non si vede nessuno: porta dello spogliatoio chiusa, evidente segnale di un confronto tra lo staff tecnico e la squadra che si prolunga fino alle 23.15, quando Ramagli si siede in sala stampa: «Direi che cominciano a diventare un po’ troppe — esordisce riferendosi alle sconfitte — siamo a tre in fila, magari con modi diversi, ma dobbiamo mettere mano anche in modo drastico a qualche situazione che nei momenti caldi ci fa mancare di lucidità. Dobbiamo cambiare rotta immediatamente». Nessuna recriminazione, nemmeno sul fade-away finale di Vitali: «Il Dio del basket non è mai benevolo. Ha fatto un canestro difficilissimo, ma quando meriti di prendere lo schiaffo lo prendi». E allora si torna a parlare sempre delle stesse identiche cose: «Quando sei avanti di 5-7 punti devi fare giocate intelligenti. Invece noi ci disconnettiamo, smettiamo di fare le cose insieme sia in attacco che in difesa, prendiamo tiri fuori dalle righe. Giocassimo sempre con poca condivisione lo capirei, potrebbe essere un difetto strutturale, invece succede in alcuni momenti: è qualcosa di mentale. È una lettura che abbiamo condiviso nella chiacchierata che abbiamo fatto a fine gara: ci girano i coglioni a forza di perdere, questo è certo».
Queste sconfitte stanno diventando un tarlo, per stessa ammissione del coach: «Fatichiamo a dare l’ultimo pugno e quando lo prendiamo viviamo di nuovo lo spettro della partita che si riapre». Come nel giorno della marmotta, appunto.