Renzi dà le carte, il Pd trema
Il segretario prenota i collegi «sicuri» dell’Emilia. E spunta il nome di Gualmini
La folta truppa di parlamentari Pd eletti in Emilia e a Bologna e quella altrettanto folta di aspiranti candidati rischia di non dormire nelle prossime settimane. Ad agitare le acque nel mondo dei dem è la consapevolezza che con il Rosatellum e con gli attuali sondaggi l’Emilia (insieme alla Toscana) sarà uno dei pochi posti dove offrire collegi sicuri ai big del partito, a facce nuove e ai candidati della società civile.
Il segretario del Pd Matteo Renzi ha già fatto sapere chiaramente che le cose andranno così e i conti rischiano di non tornare più. L’ex premier vorrebbe candidare tra l’altro anche la vicepresidente della Regione, Elisabetta Gualmini che però lascerebbe un posto ambito nel partito.
Per questo i dem di Bologna e dell’Emilia chiederanno al partito nazionale che si rispetti (almeno un po’) l’autonomia dei territori. Il risiko tra i posti per i big, per gli alleati centristi e per gli eventuali alleati a sinistra e le riconferme è piuttosto complesso.
La folta pattuglia di deputati e senatori del Pd eletti in Emilia-Romagna (una quarantina) di cui fanno parte undici parlamentari bolognesi non dormirà notti tranquille nelle prossime settimane. Il nuovo sistema elettorale (il Rosatellum) e la volontà di Matteo Renzi di puntare su facce nuove e su campioni della società civile rischia di provocare uno sconquasso da queste parti. Una premessa: con i sondaggi attuali se Renzi vuole offrire dei posti sicuri nei collegi uninominali non ha molte scelte, o punta sulla Toscana o punta sull’Emilia. E ad essere proprio scrupolosi nemmeno su tutta l’Emilia, ma sulle roccaforti di Bologna, Modena, Reggio Emilia e Ravenna: dalle altre parti o si rischia, o si perde. Nei collegi uninominali vince chi arriva primo, fine della storia: questo il motivo per cui nelle regioni ostili come Veneto, Sicilia e ora anche Lombardia il Pd rischia di restare a secco.
Per usare un eufemismo nel Pd di Bologna e nel Pd regionale che mantiene i collegamenti con quello nazionale c’è un pò di apprensione e c’è l’intenzione di difendere l’autonomia dei territori, pur comprendendo la dimensione nazionale della vicenda. Ci sono due elenchi che se confrontati non possono che mettere in allarme. Il primo è costituito dai parlamentari che vogliono ricandidarsi (tra gli eletti a Bologna tutti tranne Claudio Broglia e Paolo Bolognesi), a cui vanno aggiunti quelli che ambiscono a farlo. Solo restringendo il discorso a Bologna sono in corsa per essere ricandidati Andrea De Maria, Sandra Zampa, Marilena Fabbri, Donata Lenzi, Francesca Puglisi e Sergio Lo Giudice, a cui vanno aggiunti Ernesto Carbone e Gianluca Benamati, con carta d’identità bolognese anche se eletti altrove. Secondo le simulazioni del partito a Bologna il Pd potrebbe avere nove posti in Parlamento: i dem vincerebbero nei 4 collegi della Camera e nei due del Senato e a questi andrebbero aggiunti due posti alla Camera e uno al Senato nella parte proporzionale. Nel primo elenco vanno aggiunti i nuovi candidati. Uno è praticamente certo: il sindaco di Imola Daniele Manca, che correrà probabilmente nel collegio che comprende Imola. Poi si devono aggiungere i candidati della sinistra vicini al segretario provinciale Francesco Critelli: uno tra il capogruppo regionale Stefano Caliandro e la presidente dell’Assemblea Simonetta Saliera. E poi ci sono i renziani. Nei palazzi della politica si dice che Matteo Renzi vorrebbe candidare la vicepresidente della Regione Elisabetta Gualmini. Una candidatura che ha tanti pregi sul piano politico: Gualmini viene dalla società civile, è una renziana della prima ora, è stimata e soprattutto libererebbe un posto importante. Ma la lista dei possibili candidati renziani è lunga e ne fanno parte anche l’ex collaboratore di Renzi, Benedetto Zacchiroli, il leader della minoranza dem di Bologna Luca Rizzo Nervo, che ha lasciato la giunta Merola per candidarsi al congresso, l’ex responsabile Economia del Pd Filippo Taddei e il consigliere comunale Marco Lombardo.
Già così i conti non tornano. Ma accanto al primo elenco con il segno più, c’è l’elenco con il segno meno, dove ci sono le insidie che vengono da fuori. Prima insidia: i nomi della società civile. Ad esempio Renzi non ha mai fatto mistero di voler candidare l’immunologo Roberto Burioni, uno di quelli che si è speso di più per la campagna a favore dei vaccini e se volesse un seggio sicuro dovrebbe cercarlo da queste parti. Seconda complicazione: i big emiliani. Gente come Matteo Richetti, Dario Franceschini, Graziano Delrio e il responsabile organizzazione del Pd nazionale Andrea Rossi dove saranno candidati se non in Emilia?
Ma la lista delle insidie non è finita. Altro elemento di preoccupazione: i centristi. L’unico accordo sicuro per il Pd è con la lista dei moderati e per sfortuna dei dem emiliano-romagnoli i big sono tutti di queste parti: Gian Luca Galletti, Pier Ferdinando Casini, Luigi Marino. Dove mai potrebbero correre? Nella lista con il segno meno ci potrebbe essere infine i candidati nei collegi uninominali dell’eventuale lista alleata Pisapia-Bonino. Qui parliamo di pochi candidati, ma nella terra in cui Mdp, molto probabilmente non alleata al Pd, schiera altri big come Pier Luigi Bersani e Vasco Errani anche le candidature a sinistra avranno un peso. Insomma, roba da non dormirci la notte. @olivioromanini
Il nodo moderati Le liste del Pd potrebbero dover accogliere anche gli alleati centristi