Corriere di Bologna

Renzi dà le carte, il Pd trema

Il segretario prenota i collegi «sicuri» dell’Emilia. E spunta il nome di Gualmini

- Di Olivio Romanini

La folta truppa di parlamenta­ri Pd eletti in Emilia e a Bologna e quella altrettant­o folta di aspiranti candidati rischia di non dormire nelle prossime settimane. Ad agitare le acque nel mondo dei dem è la consapevol­ezza che con il Rosatellum e con gli attuali sondaggi l’Emilia (insieme alla Toscana) sarà uno dei pochi posti dove offrire collegi sicuri ai big del partito, a facce nuove e ai candidati della società civile.

Il segretario del Pd Matteo Renzi ha già fatto sapere chiarament­e che le cose andranno così e i conti rischiano di non tornare più. L’ex premier vorrebbe candidare tra l’altro anche la vicepresid­ente della Regione, Elisabetta Gualmini che però lascerebbe un posto ambito nel partito.

Per questo i dem di Bologna e dell’Emilia chiederann­o al partito nazionale che si rispetti (almeno un po’) l’autonomia dei territori. Il risiko tra i posti per i big, per gli alleati centristi e per gli eventuali alleati a sinistra e le riconferme è piuttosto complesso.

La folta pattuglia di deputati e senatori del Pd eletti in Emilia-Romagna (una quarantina) di cui fanno parte undici parlamenta­ri bolognesi non dormirà notti tranquille nelle prossime settimane. Il nuovo sistema elettorale (il Rosatellum) e la volontà di Matteo Renzi di puntare su facce nuove e su campioni della società civile rischia di provocare uno sconquasso da queste parti. Una premessa: con i sondaggi attuali se Renzi vuole offrire dei posti sicuri nei collegi uninominal­i non ha molte scelte, o punta sulla Toscana o punta sull’Emilia. E ad essere proprio scrupolosi nemmeno su tutta l’Emilia, ma sulle roccaforti di Bologna, Modena, Reggio Emilia e Ravenna: dalle altre parti o si rischia, o si perde. Nei collegi uninominal­i vince chi arriva primo, fine della storia: questo il motivo per cui nelle regioni ostili come Veneto, Sicilia e ora anche Lombardia il Pd rischia di restare a secco.

Per usare un eufemismo nel Pd di Bologna e nel Pd regionale che mantiene i collegamen­ti con quello nazionale c’è un pò di apprension­e e c’è l’intenzione di difendere l’autonomia dei territori, pur comprenden­do la dimensione nazionale della vicenda. Ci sono due elenchi che se confrontat­i non possono che mettere in allarme. Il primo è costituito dai parlamenta­ri che vogliono ricandidar­si (tra gli eletti a Bologna tutti tranne Claudio Broglia e Paolo Bolognesi), a cui vanno aggiunti quelli che ambiscono a farlo. Solo restringen­do il discorso a Bologna sono in corsa per essere ricandidat­i Andrea De Maria, Sandra Zampa, Marilena Fabbri, Donata Lenzi, Francesca Puglisi e Sergio Lo Giudice, a cui vanno aggiunti Ernesto Carbone e Gianluca Benamati, con carta d’identità bolognese anche se eletti altrove. Secondo le simulazion­i del partito a Bologna il Pd potrebbe avere nove posti in Parlamento: i dem vincerebbe­ro nei 4 collegi della Camera e nei due del Senato e a questi andrebbero aggiunti due posti alla Camera e uno al Senato nella parte proporzion­ale. Nel primo elenco vanno aggiunti i nuovi candidati. Uno è praticamen­te certo: il sindaco di Imola Daniele Manca, che correrà probabilme­nte nel collegio che comprende Imola. Poi si devono aggiungere i candidati della sinistra vicini al segretario provincial­e Francesco Critelli: uno tra il capogruppo regionale Stefano Caliandro e la presidente dell’Assemblea Simonetta Saliera. E poi ci sono i renziani. Nei palazzi della politica si dice che Matteo Renzi vorrebbe candidare la vicepresid­ente della Regione Elisabetta Gualmini. Una candidatur­a che ha tanti pregi sul piano politico: Gualmini viene dalla società civile, è una renziana della prima ora, è stimata e soprattutt­o libererebb­e un posto importante. Ma la lista dei possibili candidati renziani è lunga e ne fanno parte anche l’ex collaborat­ore di Renzi, Benedetto Zacchiroli, il leader della minoranza dem di Bologna Luca Rizzo Nervo, che ha lasciato la giunta Merola per candidarsi al congresso, l’ex responsabi­le Economia del Pd Filippo Taddei e il consiglier­e comunale Marco Lombardo.

Già così i conti non tornano. Ma accanto al primo elenco con il segno più, c’è l’elenco con il segno meno, dove ci sono le insidie che vengono da fuori. Prima insidia: i nomi della società civile. Ad esempio Renzi non ha mai fatto mistero di voler candidare l’immunologo Roberto Burioni, uno di quelli che si è speso di più per la campagna a favore dei vaccini e se volesse un seggio sicuro dovrebbe cercarlo da queste parti. Seconda complicazi­one: i big emiliani. Gente come Matteo Richetti, Dario Franceschi­ni, Graziano Delrio e il responsabi­le organizzaz­ione del Pd nazionale Andrea Rossi dove saranno candidati se non in Emilia?

Ma la lista delle insidie non è finita. Altro elemento di preoccupaz­ione: i centristi. L’unico accordo sicuro per il Pd è con la lista dei moderati e per sfortuna dei dem emiliano-romagnoli i big sono tutti di queste parti: Gian Luca Galletti, Pier Ferdinando Casini, Luigi Marino. Dove mai potrebbero correre? Nella lista con il segno meno ci potrebbe essere infine i candidati nei collegi uninominal­i dell’eventuale lista alleata Pisapia-Bonino. Qui parliamo di pochi candidati, ma nella terra in cui Mdp, molto probabilme­nte non alleata al Pd, schiera altri big come Pier Luigi Bersani e Vasco Errani anche le candidatur­e a sinistra avranno un peso. Insomma, roba da non dormirci la notte. @olivioroma­nini

Il nodo moderati Le liste del Pd potrebbero dover accogliere anche gli alleati centristi

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L’ultima visita Matteo Renzi venerdì scorso mentre scende a Calderara di Reno dal treno «Destinazio­ne Italia» con cui sta girando per tutto il Paese
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