Marzabotto, l’invito (e il perdono) del sopravvissuto
Franco Leoni, 80 anni, scrive a Luppi: «Incontriamoci, ti spiegherò cos’è stato l’eccidio»
Una voce fuori dal coro. La voce di un uomo che nella vicenda del saluto romano a Marzabotto, ha più titolo di tanti altri a parlare. Quest’uomo — il suo nome è Franco Leoni Lautizi — è un sopravvissuto. Ha vissuto sulla propria pelle gli orrori compiuti dai nazifascisti. E ne porta ancora le ferite dentro. Eppure Franco, oggi quasi ottantenne, dice parole tutt’altro che scontate. Molto più pacate di quelle pronunciate in questi giorni da tanti altri. Franco parla di perdono, di rieducazione. È questa la strada, per lui, non certo quella della denuncia o del sequestro della maglietta. Atti che gli sembrano eccessivi e alla cui efficacia non crede. Ne è talmente convinto che a Eugenio Maria Luppi, il calciatore dilettante finito nella bufera, ha scritto una lettera. Invitandolo a un incontro. «Voglio raccontargli quello che è accaduto a Marzabotto. Credo che quel ragazzo non conosca la verità».
Franco vive da tempo a Rimini, dove ricopre la carica di consigliere presso la sede locale dell’associazione nazionale vittime civili di guerra. «Non trovo giusto quello che sta succedendo al ragazzo — spiega — è un giovane, va educato e ripreso, non va punito, perché penso che il perdono sia la cosa migliore che ci sia. Qualcuno, su internet, ha detto che gli servirebbero due schiaffoni. Non si risolverebbe nulla. E non si risolve nulla nemmeno con il sequestro della maglietta e con la denuncia fatta dal Comune e dai carabinieri. Mettere i ragazzi di fronte alla realtà di quel tempo è sicuramente più utile che agire legalmente in casi come questo».
Da questa convinzione la decisione di scrivergli: «Ciao Eugenio, sono Franco, uno dei pochi sopravvissuti alla strage di Marzabotto. Non voglio commentare il tuo gesto, questo lo lascio ai giornali e alla politica. Ti invito solo ad incontrarmi, a quattro occhi, senza riflettori. Ti racconterò quello che è avvenuto in quei tragici giorni dal 29 settembre al 5 ottobre 1944.Una barbarie inimmaginabile per un ragazzo della tua età che, fortunatamente, non ha conosciuto la guerra. Sono passati più di settanta anni dall’eccidio, ma ancora oggi l’incubo di quella ferocia mi accompagna ogni giorno. Ascolta la mia storia. Se solo riuscirò a far breccia nel tuo cuore e a condurti ad un vero pentimento, allora avrò fatto molto e il sacrificio di tante persone innocenti sarà servito a qualcosa. Dalle macerie della tragedia di Marzabotto ho imparato una cosa importante: il Perdono». Franco aveva sei anni nel 1944, quando dal 29 settembre al 5 ottobre, Marzabotto e altri comuni situati alle pendici di Monte Sole furono teatro del più feroce eccidio di civili compiuto in Italia dalle SS tedesche. Più di 770 furono i civili uccisi, di questi 216 erano bambini.
Ieri intanto i compagni di squadra hanno annunciato un’ulteriore presa di distanza dal gesto del 25enne: per fare ammenda domenica saliranno al sacrario di Monte Sole, dove una stele ricorda i caduti di Marzabotto. Ieri pomeriggio una delegazione di loro ha incontrato il sindaco di Marzabotto, Romano Franchi. «Non è affatto giusto — ha detto il primo cittadino, che ora chiede che non ci siano ripercussioni sulla Futa 65 — che per il gesto di una persona paghi tutta la comunità di cui fa parte. Molti dei giocatori della squadra provengono dai Comuni che fanno parte del parco storico di Monte Sole, alcuni hanno la tessera dell’Anpi e legami con chi ha vissuto gli eccidi di Marzabotto, Monzuno e Grizzana Morandi».
Il giovane va educato, non punito, non si risolve nulla né con la denuncia né con il sequestro della maglia