Gd, il day after nero dei confederali «Ha vinto il populismo sindacale»
Il sindacato di base esulta dopo il sorpasso sulla Fiom. La Cgil frastornata: hanno pesato le fake news Decisivo il ruolo di colletti bianchi e trasfertisti: «Parlare con loro era come farlo con l’azienda»
Lunghi: il disagio non è stato colto, è un campanello d’allarme anche per altre realtà
L’incredulità dei sindacati confederali dopo la vittoria in Gd dell’Usb si scontra con il pragmatismo dell’azienda. «La Rsu è stata eletta democraticamente, costruiremo quindi con questa rappresentanza tutti i percorsi sindacali coniugando le esigenze dei lavoratori e dell’azienda in una logica di continuità», scrive in un secco comunicato il colosso metalmeccanico di Isabella Seragnoli. Come dire, un conto è l’accordo integrativo sostenuto da Fiom, Fim e Uilm (passato, seppure di soli 27 voti) che è quello che più interessa all’azienda, altro conto sono le elezioni, questioni per lo più sindacali.
Ed infatti Cgil, Cisl e Uil non si danno pace, all’indomani del voto in fabbrica che ha eletto l’Usb primo sindacato con il 44% dei voti. «È stato espresso un forte disagio, non colto per tempo. Hanno prevalso le fake news e non i contenuti dell’accordo, le esigenze individuali e non quelle collettive», sostiene il segretario della Camera del Lavoro Maurizio Lunghi. «Di fronte a un contratto del genere si fa fatica a dare delle spiegazioni, se non che il populismo e la demagogia hanno preso piede», il ragionamento del segretario metropolitano della Cisl Danilo Francesconi. «Alla Gd non c’è il Marchionne di turno — osserva —, però l’egoismo individuale ha prevalso sul bene comune. Altrimenti non si spiega perché lavoratori che guadagnano migliaia di euro al mese si siano sentiti insoddisfatti». Riflessioni che ora dovranno essere discusse faccia a faccia con i lavoratori, perché il populismo ben si lega in un contesto di crisi che però nell’azienda di via Battindarno non c’è. Ecco perché, mentre l’Usb esulta, gli sconfitti sono frastornati e non riescono ancora a fare un’analisi completa di cosa sia successo. «Non ne ho la più pallida idea — ammette Lunghi —. È una novità assoluta. Una cosa del genere a Bologna non si era mai registrata. Anche se circoscritto, è per noi un campanello d’allarme. Tutte le categorie sindacali che si apprestano a rinnovare la loro rappresentanza è bene che guardino con attenzione a quel che è successo qui». La Cisl può invece intravedere il bicchiere mezzo pieno, avendo aumentato in fabbrica i suoi voti del 60%. Dato che porta Francesconi a dire «che noi siamo saliti, mentre la Uilm ha tenuto». Una sconfitta soprattutto in capo alla Fiom, quindi, ma che le altre due sigle non possono permettersi di ignorare. «Serve un’analisi approfondita. Tutti i sindacati confederali perdono posizioni da questa vicenda», riconosce il leader regionale della Uil Giuliano Zignani.
Fin qui l’analisi dei sindacati. Ma chi vive la Gd racconta una storia diversa. E parla di un malessere diffuso. Trasversale, tra chi ha scelto l’Usb, sia per il suo ruolo in fabbrica che per la sua storia politica. Un disagio esploso tra i trasfertisti che ha poi contagiato gli operai e persino gli impiegati. Al centro di tutto c’è sempre l’accordo integrativo (orario deciso in maniera autonoma, fino a 12 mila euro di premio di risultato su quattro anni, modifiche al calcolo dell’indennità di trasferta). Chi ha voltato le spalle alla Fiom lo ha non solo ritenuto imposto dall’alto, ma neppure così vantaggioso come dipinto dai confederali. I numeri in fabbrica raccontano molte cose: i trasfertisti sono 300, i voti all’Usb 547. Quasi il doppio. Non sono pochi i colletti bianchi che hanno votato per un sindacato più radicale rispetto alle sigle confederali, conosciuto soprattutto per le vertenze nel mondo della logistica e per le occupazioni abitative. Contesti completamente diversi rispetto alla realtà di un’azienda in cui la maggioranza dei dipendenti è inquadrata dal quinto livello in su. E in cui, secondo un recente studio della Fiom, circa il 56% dei lavoratori è costituito da impiegati.
Le fabbriche stanno cambiando e questo tema è da anni sul tavolo di Fim, Fiom e Uilm. Ma era difficile aspettarsi che questo cambiamento potesse accompagnarsi alla vittoria dell’Usb nella fabbrica simbolo della metalmeccanica bolognese. E a un tracollo della Fiom, che ha perso oltre 300 voti passando da 774 a 467. Eppure è accaduto e lo dimostra soprattutto il risultato nella sede centrale, dove il sindacato di base ha vinto seppur di più stretta misura rispetto alle altre sedi: 314 voti contro 296 della Fiom. In percentuale, il 39,2%. «Quello che è successo in Gd non è politica, non è un’incomprensione con i delegati ma è la sensazione di essere stati abbandonati. Tutti, ciascuno per il proprio reparto: trasfertisti, impiegati, quadri», racconta Eugenio Navacchia, neo eletto nella rsu in quota Usb. Un ingegnere. Uno dei tanti che ha bussato alla porta del sindacato di base. «I primi sono stati i trasfertisti, una categoria sui generis molto combattiva. Gli impiegati sono più moderati, perché fa parte del loro mestiere. Ma la tranquillità viene meno quando si capisce che c’è qualcosa che non va». A partire dal rapporto con i confederali. «Abbiamo fatto delle domande: non sono arrivate risposte e in più ci sembrava di essere davanti all’azienda — attacca il delegato —. Stavolta c’era qualcuno a cui rivolgersi e le persone sono state contente. Adesso l’Usb è uno strumento che ci serve per far funzionare la nostra vita lavorativa, per avere delle risposte».
Gli scenari