«Un voto incomprensibile, come in Fiat nel ‘95»
L’analisi di Cazzola: se questo risultato si ripeterà in altre grandi aziende, ci sarà da preoccuparsi
«Credo quia absurdum». Cita l’apologeta cristiano Tertulliano e, guardando l’esito del voto in Gd, strabuzza gli occhi l’ex parlamentare del Pdl ed ex sindacalista della Cgil Giuliano Cazzola. «Ci credo perché assurdo — traduce dal latino Cazzola —. Ma diciamoci la verità, questo voto non si spiega proprio». Ci provi. «È difficile dare spiegazioni di carattere sindacale. Stiamo parlando di una fabbrica modello, anche rispetto ai rapporti con i lavoratori. Ottimi quelli con i sindacati, niente cassa integrazione. E nemmeno si può dire che i dipendenti non conoscessero bene i contenuti dell’accordo integrativo, visto che c’è stato un referendum». E quindi? «Quindi secondo me ci sono anche delle questioni specifiche da prendere in considerazione, come la figura del sindacalista ex Fiom Bellavita espulso da Landini e passato all’Usb ma che mantiene un importante prestigio nell’azienda».
I sindacati confederali parlano della vittoria della demagogia in fabbrica. Pure lei vede delle analogie con la politica?
«Sì, prendiamo ad esempio il caso di Torino. Lì c’era una buona amministrazione eppure Fassino ha perso e ha vinto una sconosciuta. Anche in questo caso vedo molto disordine e malanimo sociale dietro a questo voto». Perché malanimo? «Come dobbiamo spiegarci il Movimento 5 Stelle? Io me lo spiego allo stesso modo. Questo voto, la vittoria del sindacato di base, ci dice che il populismo è entrato in fabbrica, dove a prevalere sono i discorsi di metodo e non più quelli di merito».
Sarà, ma il Movimento 5 Stelle avanza in un’Italia che a fatica esce dalla crisi, una parola che la Gd non conosce.
«Verissimo, per questo è importante restare calmi e vedere cosa accade nel voto delle altre aziende. Perché se il sindacato di base sarà in grado di entrare nelle più grandi fabbriche bolognesi allora dovremo davvero preoccuparci. Quello che è successo alla Gd mi ricorda quanto accadde nel ‘95 alla Fiat. Anche lì la Cgil perse le elezioni interne, dimezzò i voti e questa cosa sollevò un gran caos dentro al sindacato. Ma a quei tempi c’erano in ballo dei licenziamenti, qui no. In Gd la Fiom è stata da sempre la più forte, in questi anni ha condizionato il dialogo tra lavoratori e impresa».
E adesso la Fiom cosa deve fare?
«Il populismo si deve combattere, non si deve assecondare. La Fiom e la Cgil hanno pesanti responsabilità avendo troppo spesso alzato i toni. Non si può sparare sempre in alto e poi pensare di non ritrovarteli in casa. Churchill diceva che una persona conciliante è come uno che dà da mangiare a un coccodrillo perché spera che questo lo mangi per ultimo. Ecco, speriamo che il sindacato non si comporti così».