INTELLIGENZA COLLETTIVA
Secondo il rettore Ubertini quanto sta accadendo a Bologna è il risultato di un «allineamento di intenti tra le varie istituzioni cittadine». Davvero si ha l’impressione del lavoro di un’intelligenza collettiva, cioè civica, il cui soggetto risulta essere la città intera che agisce secondo un’unica logica, una sola coerente modalità: l’invenzione locale di esiti a processi di amplissima portata, facendo leva sul rilancio e la rivalorizzazione della propria vena economica più autentica. Fico è in fondo, e prima di tutto, la traduzione bolognese del fatto che ormai tra città e campagna non vi è al mondo più alcuna differenza, così come non è più possibile distinguere l’agricoltura dall’industria. Al riguardo colgono con precisione il punto sia il sindaco Merola sia il ministro Galletti. Il primo quando afferma che «Fico è Bologna», risultato cioè di una singolare storia urbana che trova nella globalizzazione nuove possibilità di espressione. Il secondo nel rilevare la portata appunto globale dell’operazione, che travalica di molto l’ambito nazionale. Proprio nella stessa direzione muove, come ricordava ieri il rettore, l’insediamento bolognese delle nuove agenzie nazionali e internazionali, da quelle meteo che riguardano anche l’intera Europa all’annunciata candidatura della nostra città all’imminente bando per Industria 4.0 del ministero per lo Sviluppo economico. Anche in tale ultimo caso torna a manifestarsi, in versione incrementata, il carattere originario di Bologna, il suo archetipico ruolo di dispositivo per la produzione e la messa in circolazione di informazione specializzata storicamente rappresentato dalla nostra università. Si tratta, nel complesso, di un formidabile esempio di «chiusura operativa» secondo la logica dell’autorganizzazione urbana, che implica l’invenzione di nuove attività in grado di rilanciare la natura primordiale del funzionamento. Vale infatti per la città quel che vale per gli esseri umani: ciò che importa non è l’identità ma piuttosto l’identificazione. La differenza è che la prima corrisponde a una situazione statica, la seconda è appunto un processo. La delicatezza del cui equilibrio è resa alla perfezione dalla questione dei graffiti della zona universitaria, la cui pulizia distrae fondi dal finanziamento di ulteriori borse di studio. Come dire che la forma con cui il problema si presenta è politica. Ma la soluzione consiste nell’investimento in cultura e sapere. Cioè nella produzione di un’autentica coscienza urbana.