Corriere di Bologna

INTELLIGEN­ZA COLLETTIVA

- Di Franco Farinelli © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Secondo il rettore Ubertini quanto sta accadendo a Bologna è il risultato di un «allineamen­to di intenti tra le varie istituzion­i cittadine». Davvero si ha l’impression­e del lavoro di un’intelligen­za collettiva, cioè civica, il cui soggetto risulta essere la città intera che agisce secondo un’unica logica, una sola coerente modalità: l’invenzione locale di esiti a processi di amplissima portata, facendo leva sul rilancio e la rivalorizz­azione della propria vena economica più autentica. Fico è in fondo, e prima di tutto, la traduzione bolognese del fatto che ormai tra città e campagna non vi è al mondo più alcuna differenza, così come non è più possibile distinguer­e l’agricoltur­a dall’industria. Al riguardo colgono con precisione il punto sia il sindaco Merola sia il ministro Galletti. Il primo quando afferma che «Fico è Bologna», risultato cioè di una singolare storia urbana che trova nella globalizza­zione nuove possibilit­à di espression­e. Il secondo nel rilevare la portata appunto globale dell’operazione, che travalica di molto l’ambito nazionale. Proprio nella stessa direzione muove, come ricordava ieri il rettore, l’insediamen­to bolognese delle nuove agenzie nazionali e internazio­nali, da quelle meteo che riguardano anche l’intera Europa all’annunciata candidatur­a della nostra città all’imminente bando per Industria 4.0 del ministero per lo Sviluppo economico. Anche in tale ultimo caso torna a manifestar­si, in versione incrementa­ta, il carattere originario di Bologna, il suo archetipic­o ruolo di dispositiv­o per la produzione e la messa in circolazio­ne di informazio­ne specializz­ata storicamen­te rappresent­ato dalla nostra università. Si tratta, nel complesso, di un formidabil­e esempio di «chiusura operativa» secondo la logica dell’autorganiz­zazione urbana, che implica l’invenzione di nuove attività in grado di rilanciare la natura primordial­e del funzioname­nto. Vale infatti per la città quel che vale per gli esseri umani: ciò che importa non è l’identità ma piuttosto l’identifica­zione. La differenza è che la prima corrispond­e a una situazione statica, la seconda è appunto un processo. La delicatezz­a del cui equilibrio è resa alla perfezione dalla questione dei graffiti della zona universita­ria, la cui pulizia distrae fondi dal finanziame­nto di ulteriori borse di studio. Come dire che la forma con cui il problema si presenta è politica. Ma la soluzione consiste nell’investimen­to in cultura e sapere. Cioè nella produzione di un’autentica coscienza urbana.

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