Stupro in discoteca Il pm: assolvetelo Condannato a 5 anni
I giudici bocciano la Procura e credono alla vittima
Cinque anni e sei mesi per aver violentato una ragazzina appena 18enne in uno sgabuzzino della discoteca Magic, in via Calzoni. È la sentenza pronunciata ieri dal Tribunale di Bologna nei confronti di Maicol Sacchi, imbianchino 33enne originario di Rovigo residente a Sala Bolognese, che nel 2013 fu arrestato dai carabinieri appena uscito dal locale.
Una storia fatta di luci e ombre e decisioni opposte tra magistrati diversi. Al momento dell’arresto, il gip convalidò la misura cautelare in carcere ma venti giorno dopo il Tribunale del Riesame scarcerò l’imbianchino che a quel punto, assistito dal suo legale Settimio Biondi, rilasciò interviste lamentando di essere stato calunniato per un rapporto in realtà consenziente. Ma a sostenere il racconto della vittima c’era la testimonianza di un dipendente della discoteca, che la trovò sconvolta e in lacrime alle 6 del mattino, poco dopo la violenza, appena uscita da quello sgabuzzino indossando dei vestiti diversi da quelli che aveva durante la serata. Fu lui a chiamare i carabinieri che arrestarono l’uomo.
Era la notte tra il 14 e il 15 settembre, la ragazza, arrivata con gli amici dalla Romagna, raccontò che alcune ore prima lo stesso imputato le aveva offerto da bere da una bottiglietta d’acqua il cui sapore le era sembrato amarognolo. Dopo un po’ l’uomo l’avrebbe trascinata in uno sgabuzzino, inaccessibile al pubblico, per abusare di lei.
Sulla vittima sono stati fatti esami medici e analisi del sangue, che confermarono l’assunzione di anfetamine. Anche le lesioni riscontrate sostenevano la sua versione dei fatti. Ma altre risultanze delle indagini andavano in direzione opposta: come lo spazio angusto dello sgabuzzino che non sembrò compatibile con la scena descritta dalla vittima.
La ragazza non si è costituita parte civile nel processo e quattro anni dopo quei fatti, la pm Gabriella Tavano ha chiesto l’assoluzione dell’imputato. Ma il collegio giudicante costituito da tre donne non gli ha creduto e ha condannato Maicol Sacchi alla pena di 5 anni e 6 mesi per violenza sessuale. Una sentenza inaspettata, che ha lasciato di stucco sia l’imputato che il suo legale. Sacchi, in aula al momento della pronuncia, sperava in un’assoluzione. «Rispetto le sentenze — dice il suo avvocato — ma questa condanna è incomprensibile. Anche le perizie della Procura avevano escluso la violenza. C’era stata una richiesta di assoluzione per insufficienza di prove, questa sentenza non rispecchia assolutamente i risultati processuali».
Per capire cosa ha portato i giudici a decidere per la condanna bisognerà aspettare 90 giorni, quando saranno depositate le motivazioni. «Voglio leggerle — avverte l’avvocato —, poi faremo ricorso in Appello».
Dopo l’arresto Sacchi aveva sempre respinto l’accusa di averla drogata e violentata. Si era difeso sostenendo di averla conosciuta solo 10 minuti prima. Che fosse stata lei a offrirgli sesso a pagamento e che, di fronte al suo rifiuto, avrebbe invece acconsentito ad avere un rapporto nello sgabuzzino. Ma il 40enne che la trovò testimoniò sul suo stato di prostrazione. Conosceva la ragazza e raccontò di averla vista durante la serata con un abito azzurro, ritrovato poi strappato nello stanzino.
Sacchi e il suo legale invece ingaggiarono un investigatore privato che sentì gli amici della ragazza e tentò di far valere il suo carattere difficile, le irrequietezze come prova del fatto che avesse mentito. Il Riesame quattro anni fa aveva creduto alla versione dell’imputato, rimettendolo in libertà, ma i giudici del primo grado non gli hanno creduto.