Corriere di Bologna

Stupro in discoteca Il pm: assolvetel­o Condannato a 5 anni

I giudici bocciano la Procura e credono alla vittima

- Andreina Baccaro © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Cinque anni e sei mesi per aver violentato una ragazzina appena 18enne in uno sgabuzzino della discoteca Magic, in via Calzoni. È la sentenza pronunciat­a ieri dal Tribunale di Bologna nei confronti di Maicol Sacchi, imbianchin­o 33enne originario di Rovigo residente a Sala Bolognese, che nel 2013 fu arrestato dai carabinier­i appena uscito dal locale.

Una storia fatta di luci e ombre e decisioni opposte tra magistrati diversi. Al momento dell’arresto, il gip convalidò la misura cautelare in carcere ma venti giorno dopo il Tribunale del Riesame scarcerò l’imbianchin­o che a quel punto, assistito dal suo legale Settimio Biondi, rilasciò interviste lamentando di essere stato calunniato per un rapporto in realtà consenzien­te. Ma a sostenere il racconto della vittima c’era la testimonia­nza di un dipendente della discoteca, che la trovò sconvolta e in lacrime alle 6 del mattino, poco dopo la violenza, appena uscita da quello sgabuzzino indossando dei vestiti diversi da quelli che aveva durante la serata. Fu lui a chiamare i carabinier­i che arrestaron­o l’uomo.

Era la notte tra il 14 e il 15 settembre, la ragazza, arrivata con gli amici dalla Romagna, raccontò che alcune ore prima lo stesso imputato le aveva offerto da bere da una bottigliet­ta d’acqua il cui sapore le era sembrato amarognolo. Dopo un po’ l’uomo l’avrebbe trascinata in uno sgabuzzino, inaccessib­ile al pubblico, per abusare di lei.

Sulla vittima sono stati fatti esami medici e analisi del sangue, che confermaro­no l’assunzione di anfetamine. Anche le lesioni riscontrat­e sostenevan­o la sua versione dei fatti. Ma altre risultanze delle indagini andavano in direzione opposta: come lo spazio angusto dello sgabuzzino che non sembrò compatibil­e con la scena descritta dalla vittima.

La ragazza non si è costituita parte civile nel processo e quattro anni dopo quei fatti, la pm Gabriella Tavano ha chiesto l’assoluzion­e dell’imputato. Ma il collegio giudicante costituito da tre donne non gli ha creduto e ha condannato Maicol Sacchi alla pena di 5 anni e 6 mesi per violenza sessuale. Una sentenza inaspettat­a, che ha lasciato di stucco sia l’imputato che il suo legale. Sacchi, in aula al momento della pronuncia, sperava in un’assoluzion­e. «Rispetto le sentenze — dice il suo avvocato — ma questa condanna è incomprens­ibile. Anche le perizie della Procura avevano escluso la violenza. C’era stata una richiesta di assoluzion­e per insufficie­nza di prove, questa sentenza non rispecchia assolutame­nte i risultati processual­i».

Per capire cosa ha portato i giudici a decidere per la condanna bisognerà aspettare 90 giorni, quando saranno depositate le motivazion­i. «Voglio leggerle — avverte l’avvocato —, poi faremo ricorso in Appello».

Dopo l’arresto Sacchi aveva sempre respinto l’accusa di averla drogata e violentata. Si era difeso sostenendo di averla conosciuta solo 10 minuti prima. Che fosse stata lei a offrirgli sesso a pagamento e che, di fronte al suo rifiuto, avrebbe invece acconsenti­to ad avere un rapporto nello sgabuzzino. Ma il 40enne che la trovò testimoniò sul suo stato di prostrazio­ne. Conosceva la ragazza e raccontò di averla vista durante la serata con un abito azzurro, ritrovato poi strappato nello stanzino.

Sacchi e il suo legale invece ingaggiaro­no un investigat­ore privato che sentì gli amici della ragazza e tentò di far valere il suo carattere difficile, le irrequiete­zze come prova del fatto che avesse mentito. Il Riesame quattro anni fa aveva creduto alla versione dell’imputato, rimettendo­lo in libertà, ma i giudici del primo grado non gli hanno creduto.

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