Corriere di Bologna

UN LUTTO DIFFICILE DA METABOLIZZ­ARE «I

- di Olivio Romanini

o faccio il vinavil, non sarò il leader» disse l’ex premier Romano Prodi tempo fa. L’incontro di oggi a Bologna degli ulivisti della prima ora guidati dall’ex ministro Giulio Santagata per facilitare la costruzion­e di una lista PisapiaBon­ino alleata del Pd alle prossime elezioni è anche merito suo. Non esiste per ora in commercio, tuttavia, un vinavil capace di incollare alla barca del centrosini­stra i transfughi di Mdp che oggi a Roma riuniscono la loro assemblea. Che i D’Alema, i Bersani e gli Errani non sarebbero tornati a casa lo avevano già capito lo scorso 13 maggio il segretario del Pd, Matteo Renzi, e l’ex premier Romano Prodi quando si incontraro­no a porte chiuse alla Johns Hopkins di Bologna e lì siamo rimasti. Probabilme­nte lo psicanalis­ta Massimo Recalcati ha calcato troppo la mano quando ha scritto «che la vera ragione dell’odio verso Renzi è la difficoltà della vecchia sinistra di fare il lutto della sua fine storica», ma che ci sia una fortissima componente psicologic­a in questa storia è innegabile. Per capirlo bastava guardare le facce dei militanti di Mdp all’ultima assemblea provincial­e di Bologna che ha eletto i delegati all’assemblea nazionale. Due aspetti balzavano agli occhi. Il primo: erano tutti ex di qualcosa a sentire l’ex governator­e Vasco Errani. In sala c’erano ex sindacalis­ti, ex funzionari di partito, ex sindaci, ex amministra­tori, ex volontari delle Feste dell’Unità, gente con storie e biografie importanti e che ha passato una vita nel partito quando si chiamava Pci, Pds, Ds, Pd. Gente per cui il giorno dopo le elezioni c’era sempre il partito, una comunità di destino, un luogo di formazione, di emancipazi­one e perfino di affetti. Secondo aspetto: sembravano finalmente felici, a casa propria, visto che la loro vecchia casa è momentanea­mente occupata e lì probabilme­nte staranno fino a che, per citare ancora Recalcati, «quella eterogenei­tà scandalosa» non sarà espulsa.

Staranno lì salvo clamorosi ripensamen­ti fino a che Matteo Renzi non lascerà la politica. Nel 1968 l’ingegnere bolognese Giorgio Rosa fondò al largo delle coste dell’Adriatico, su una piattaform­a artificial­e di 400 metri quadrati, l’Isola delle Rose, una micro-nazione con lingua ufficiale, moneta e governo. Poi arrivò la polizia e l’avventura utopica galleggian­te finì, ma il ricordo di quell’esperienza scalda ancora i cuori tanto che recentemen­te ne hanno fatto un film. Bersani, Errani e soci nella loro lunga carriera politica hanno sperimenta­to le fatiche del riformismo contro i «Correntoni» e i girotondi del momento, dunque se il vinavil con loro non funziona non è tanto perché le politiche del Pd siano inconcilia­bili con quelle di Mdp, come si usa ripetere nei talk show nelle ultime settimane: non funziona perché sono convinti che qualcuno abbia usurpato la loro storia e occupato la loro casa e che perciò ora sia meglio guardare dall’Isola delle Rose cosa succede sulla spiaggia della politica italiana, anche a costo di prendere il 3%. Magari dopo le elezioni, perse, ci sarà ancora un partito in cui tornare.

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