Corriere di Bologna

Zigoni, talento e pelliccia «Pure oggi farei a modo mio Potrei giocare da ubriaco»

- Claudio Beneforti © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Gianfranco Zigoni, cos’è stato per lei il Verona?

«Possiamo parlare domani che oggi non sono in forma?». Non è in forma? «Dal fornaio mi hanno appena raccontato di un incidente stradale mortale in un paese qua vicino e ora sto male. Queste sono le tragedie della vita, mica l’Italia che non va al mondiale. Ci andrà un’altra volta. Io non ho mai pianto per una partita di calcio, forse sarà perché non l’ho mai amato. Posso darle solo tre minuti, va bene?». Va bene. Le chiedevo del Verona… «È stata la squadra fatta su misura per me. Io ero un uomo libero e il Verona mi consentiva di esserlo. Mi dispiace solo di non avergli dato tutto». Cosa vuole dire? «L’altro giorno sono venuti a trovarmi alcuni vecchi tifosi, e a distanza di anni ho capito quanto bene mi volevano. Ecco, se lo avessi capito allora, mi sarei impegnato di più. Vuole sapere anche cosa penso del calcio di oggi?». Vogliamo saperlo… «È tutto un cinema. Chi si rotola per terra dopo uno schiaffett­o, chi si atteggia in un modo, chi in un altro. Non esiste, se un giorno lo vedo fare a mio figlio me lo mangio vivo». Lei oggi farebbe fatica? «Fatica? Nel calcio di oggi io potrei giocare anche da ubriaco». Bella questa… «Con gli spazi che avrei, ora farei il fenomeno. Vi racconto questa: una volta mi avvicinai alla panchina per lamentarmi del mio marcatore che mi seguiva dovunque, mi voltai e lo avevo ancora dietro. Stavo per tirargli un pugno sul naso. Gli dissi: ma che c… vuoi da me? Tanto non sei il mio tipo. Chiesi di uscire ma l’allenatore non mi ascoltò».

Di sicuro di questi tempi non sarebbe potuto andare in panchina con la pelliccia…

«Lo dice lei. Stia tranquillo che ci sarei andato. Non era una mossa studiata, mi veniva da dentro. Io ho sempre fatto quello che volevo».

Nel Verona di oggi c’è uno che le assomiglia?

«No. In Italia c’è solo mio figlio che ha le mie movenze ma non è capito».

E tra lei e Bruno Pace chi era più bravo?

«Eravamo diversi. Bruno è una leggenda, anche lui prendeva la vita con filosofia. Quando era mio compagno nel Verona lo massacravo». Come lo massacrava? «Lo prendevo in giro. Gli chiedevo da dove veniva e quando mi diceva che aveva giocato nel Bologna, gli tiravo fuori la storia che era una riserva e che il Bologna aveva vinto gli scudetti nella preistoria del calcio». E Pace si arrabbiava? «No, mi rideva in faccia. Bruno è un grande, continuiam­o a sentirci. Nel calcio di oggi ci vorrebbero tanti giocatori come eravamo noi che prendevamo la vita per mano e non a pugni». È passata una mezzoretta, e Zigoni avrebbe parlato ancora a lungo…

Andrei in panchina con la pelliccia anche oggi Il calcio? Non l’ho mai amato davvero Il mio Bologna era una famiglia allargata, peccato che molti ci abbiano lasciato

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