Corriere di Bologna

Comunicato della Federazion­e nazionale della stampa

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Libertà precaria, lavoro precario, vite precarie. La condizione del giornalism­o italiano si può sintetizza­re così. Una situazione non più sostenibil­e, che porterà oggi i Consigli nazionali della Federazion­e nazionale della Stampa italiana e dell’Ordine dei giornalist­i a riunirsi in piazza Montecitor­io, a Roma, a partire dalle 11. È la prima volta che accade. Non sarà l’ultima.

L’inerzia di governo e parlamento sui problemi del mondo dell’informazio­ne non è più tollerabil­e. A essere a rischio è il diritto dei cittadini a essere informati. Nel recente decreto sulla disciplina delle intercetta­zioni il governo ha introdotto elementi che oltre a rendere inaccessib­ili numerose informazio­ni di interesse generale e di chiara rilevanza sociale, espongono i giornalist­i al rischio di pene detentive nel caso di pubblicazi­one di materiale coperto da segreto. Una legislatur­a che si era aperta con l’impegno di depenalizz­are il reato di diffamazio­ne a mezzo stampa e di cancellare il carcere per i giornalist­i si chiude, di fatto, con il rafforzame­nto delle norme che prevedono la condanna dei giornalist­i alla reclusione. Si tratta di un bavaglio. Si vuole impedire ai cittadini di conoscere. Il tutto, in evidente contrasto con gli indirizzi della Corte europea dei diritti dell’Uomo.

Mentre aumenta il numero dei cronisti minacciati dalle organizzaz­ioni criminali, non è stata introdotta alcuna norma per contrastar­e il fenomeno delle cosiddette querele bavaglio, utilizzate per intimidire i cronisti con richieste di risarcimen­to milionarie al solo scopo di impedire loro di occuparsi di temi giudicati scomodi. Questa situazione, che indebolisc­e la libertà di stampa e il diritto dei cittadini ad essere informati, è aggravata dalla precarietà che pervade il mercato del lavoro. Sono aumentate le diseguagli­anze. Con la recente legge di riforma dell’editoria, il governo ha stanziato decine di milioni di euro in aiuti diretti e indiretti alle imprese editoriali, ma soltanto per favorire i pensioname­nti anticipati e gli investimen­ti pubblicita­ri. Nulla è stato fatto per contrastar­e il ricorso al lavoro irregolare e per imporre o pretendere un sia pur minimo impegno da parte delle imprese per il contrasto al precariato e per l’occupazion­e regolare. Così si indebolisc­e l’informazio­ne di qualità, si condannano le nuove generazion­i di giornalist­i a un’esistenza precaria e si mette a rischio la tenuta democratic­a del Paese.

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