Trenta casi di «hikikomori» negli istituti bolognesi
Anche Bologna ha i suoi hikikomori e inizia a parlarne. Anche qui, infatti, ci sono dei giovani, soprattutto maschi (ma non solo) di età compresa tra i 14 e i 30 anni, che decidono di isolarsi dalla società passando gran parte del tempo nelle proprie stanze arrivando, nei casi più gravi, all’abbandono scolastico. Le motivazioni alla base della scelta di questi giovani sono legate alle forti pressioni sociali che vivono e al rifiuto delle regole e dei dettami della società. Un fenomeno crescente, ma in Italia ancora poco conosciuto.
Il percorso di sensibilizzazione in città degli attori che ruotano intorno al problema — scuola, dirigenti scolastici e insegnanti — è partito dal liceo Sabin, dove martedì scorso, in collaborazione con Asabo, l’associazione Hikikomori Italia e con il patrocinio del Miur, si è tenuta la giornata di studi dal titolo «I banchi vuoti: scuola e ritiro sociale giovanile in Italia».
«Bologna è la città che conta il gruppo più numeroso di “Hikikomori Italia Genitori”, associazione che ha gruppi anche a Milano, Torino, Napoli — spiega Marco Crepaldi presidente e fondatore di Hikikomori Italia —. E questa è la prima opera di sensibilizzazione diretta che fa in città». In totale sono 30 le famiglie che fanno parte del gruppo bolognese, ognuna di esse vive la situazione di un figlio in condizione di ritiro totale o parziale. Anche se, come afferma Silvia Travaglini del direttivo nazionale di «Hikikomori Italia genitori», «questi sono solo quelli emersi, c’è tutto un sommerso da valutare per il quale si stima che a Bologna i casi siano un centinaio».
I genitori si ritrovano una volta al mese per le riunioni, la prima è stata fatta a febbraio. Gli incontri, come spiega Crepaldi, «sono nati come gruppi di mutuo soccorso, in seguito è arrivato anche uno psicologo per cercare di strutturare il gruppo e far sì che si impegnasse attivamente per cercare di cambiare le cose a livello sociale». Salvatore Morabito, 33 anni, psicoterapeuta analitico, è lo psicologo del gruppo bolognese, dopo aver fatto un quadro del fenomeno dal punto di vista clinico racconta alla platea, costituita soprattutto da insegnanti e dirigenti scolastici, di un caso bolognese di cui si è occupato. Si tratta di un ragazzo di 16 anni che vive nell’area metropolitana di Bologna trascorrendo tutto il giorno in camera sua e al quale lo psicologo stesso presta servizio a domicilio.
Lo stesso preside del liceo scientifico Fermi, nonché presidente di Asabo (Associazione Scuole Autonome di Bologna), Maurizio Lazzarini, afferma di aver registrato 4 casi nel suo istituto: «Questo tema ci interroga». E conferma: «Dal nostro piccolo osservatorio, dalle nostre scuole il fenomeno è in aumento, nel giro degli ultimi tre anni abbiamo assistito a un innalzamento vertiginoso dei casi». Come spiegato da alcuni dei genitori di hikikomori che sono riusciti a reinserirsi nella scuola, una soluzione in questo caso è rappresentato dai Piani didattici personalizzati, una possibilità che va però sempre concordata da scuola e genitori dell’alunno in base alle esigenze specifiche del caso.
Il preside Lazzarini Dal nostro piccolo osservatorio, nel giro degli ultimi tre anni abbiamo visto un innalzamento vertiginoso dei casi