L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI DESTRO
Ci sono state partite in cui avrei offerto un passaggio in macchina a Mattia Destro solo per poterlo abbandonare in autostrada. Interi filotti di gare in cui la sua indolenza permalosa mi provocava la stessa rabbia repressa di quando leggo che il Passante di mezzo verrà monitorato dalle centraline: ah sì, e quando scoprite che fa venire il cancro cosa fate, lo chiudete? Match su match, dribbling sbagliato su dribbling sbagliato, tiro strozzato su tiro strozzato, contrasto evitato o esasperato su contrasto evitato o esasperato, dopo i quali volevo fare invasione di campo. Ma non per menarlo, per sostituirlo, perché anche a cinquant’anni suonati e con un boiler al posto della panza pensavo di essere più mobile di lui. Per questo, e solo per questo, voglio scrivere sul marmo che sabato ha giocato una gran partita. Che si vede, il giocatore che può essere. Che quella sassata tirata verso Viviano è stata la miccia di una partita bellissima di cui condivide ogni merito. Certo, a vederlo così, tirato e ispirato, quasi quasi mi incazzo anche di più. Perché risulta l’apoteosi del «bravo ma non si applica». Ma se si applica, se risponde così agli stimoli di Donadoni (che non era ’sta pippa, visto?) sappia che qui a Bologna siamo generosi, calorosi, e il passaggio in macchina verso qualcosa di bello, che sia l’azzurro o un bottino decente, glielo diamo volentieri. Insomma, non so se s’è capito, ma sabato per me il migliore in campo è stato lui. Anche nell’accettare senza grugni la permanenza nello spogliatoio. Avanti così, Mattia, e forza Bologna.