SCUOLA E FAMIGLIE AIUTINO I NEET
C’è qualcosa di peggiore della disoccupazione? Il rapporto «Giovani, occupazione e lavoro autonomo in Emilia-Romagna», di cui abbiamo riferito domenica, ha drammaticamente risposto di sì. L’indagine richiama una realtà ben nota,ossia una quota molto consistente di «under 30» non impegnati nel mondo del lavoro e non coinvolti in processi di istruzione o di formazione, i cosiddetti «Neet». Gli scoraggiati. Che si tratti di un fenomeno più preoccupante perfino della disoccupazione appare evidente a chi tenga conto di due semplici aspetti. Il primo è che i «Neet» rinunciano a cercare un lavoro pur non smettendo di averne bisogno. Il secondo è che sono talmente sfiduciati da rifiutare anche ciò che più di qualsiasi altra cosa associamo alla categoria dei giovani: i sogni e le speranze. La nostra regione è rimasta a lungo relativamente al riparo dal fenomeno, ma i numeri confortano fino a un certo punto. La sola presenza di questa componente non trascurabile della popolazione giovanile suggerisce l’esistenza di criticità che non sarebbe saggio sottovalutare. E non solo perché, sul lungo andare, squilibri sociali tanti rilevanti possano originare esiti tutt’altro che desiderabili, ma soprattutto perché un Paese che spreca le sue energie migliori non può certo attendersi un futuro roseo. Le ricette sono sempre pericolose, e spettano a chi ha oneri di governo, ma gli effetti delle strade seguite finora sembrano abbastanza modesti. Anche il calo relativo dei «Neet» va imputato molto più al rallentamento e alla fine della crisi economica che non all’adozione di provvedimenti puntuali. Se il cuore del problema è costituito dalla debolezza delle motivazioni e dei sostegni di natura sociale-culturale che caratterizzano ampi settori del mondo giovanile, è verso la scuola e le famiglie che vanno indirizzati gli sforzi maggiori. Il sistema scolastico non può limitarsi a essere una macchina di trasmissione di conoscenze, ma deve diventare anche un’istituzione capace di ridurre effettivamente le disuguaglianze di opportunità che caratterizzano gli studenti all’ingresso e che motivano alcuni scoraggiando altri. Un compito che implica più, non meno, meritocrazia. E le famiglie non possono limitarsi a svolgere un ruolo di fornitori di protezione illimitata dei figli: ciò implica assumere a volte il compito ingrato di sforzarsi di spingerli a fare qualcosa che non gradiscono, ad accettare una critica, ad assumersi delle responsabilità.