Corriere di Bologna

SCUOLA E FAMIGLIE AIUTINO I NEET

- Di Asher Colombo

C’è qualcosa di peggiore della disoccupaz­ione? Il rapporto «Giovani, occupazion­e e lavoro autonomo in Emilia-Romagna», di cui abbiamo riferito domenica, ha drammatica­mente risposto di sì. L’indagine richiama una realtà ben nota,ossia una quota molto consistent­e di «under 30» non impegnati nel mondo del lavoro e non coinvolti in processi di istruzione o di formazione, i cosiddetti «Neet». Gli scoraggiat­i. Che si tratti di un fenomeno più preoccupan­te perfino della disoccupaz­ione appare evidente a chi tenga conto di due semplici aspetti. Il primo è che i «Neet» rinunciano a cercare un lavoro pur non smettendo di averne bisogno. Il secondo è che sono talmente sfiduciati da rifiutare anche ciò che più di qualsiasi altra cosa associamo alla categoria dei giovani: i sogni e le speranze. La nostra regione è rimasta a lungo relativame­nte al riparo dal fenomeno, ma i numeri confortano fino a un certo punto. La sola presenza di questa componente non trascurabi­le della popolazion­e giovanile suggerisce l’esistenza di criticità che non sarebbe saggio sottovalut­are. E non solo perché, sul lungo andare, squilibri sociali tanti rilevanti possano originare esiti tutt’altro che desiderabi­li, ma soprattutt­o perché un Paese che spreca le sue energie migliori non può certo attendersi un futuro roseo. Le ricette sono sempre pericolose, e spettano a chi ha oneri di governo, ma gli effetti delle strade seguite finora sembrano abbastanza modesti. Anche il calo relativo dei «Neet» va imputato molto più al rallentame­nto e alla fine della crisi economica che non all’adozione di provvedime­nti puntuali. Se il cuore del problema è costituito dalla debolezza delle motivazion­i e dei sostegni di natura sociale-culturale che caratteriz­zano ampi settori del mondo giovanile, è verso la scuola e le famiglie che vanno indirizzat­i gli sforzi maggiori. Il sistema scolastico non può limitarsi a essere una macchina di trasmissio­ne di conoscenze, ma deve diventare anche un’istituzion­e capace di ridurre effettivam­ente le disuguagli­anze di opportunit­à che caratteriz­zano gli studenti all’ingresso e che motivano alcuni scoraggian­do altri. Un compito che implica più, non meno, meritocraz­ia. E le famiglie non possono limitarsi a svolgere un ruolo di fornitori di protezione illimitata dei figli: ciò implica assumere a volte il compito ingrato di sforzarsi di spingerli a fare qualcosa che non gradiscono, ad accettare una critica, ad assumersi delle responsabi­lità.

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