SINDROME NIMBY E PARTECIPAZIONE
Il recente «rapporto Nimby», che classifica e raccoglie le iniziative di resistenza locale alla realizzazione di opere di pubblica utilità, assegna all’Emilia-Romagna il secondo posto a livello nazionale. Che sia un merito o una colpa è valutazione soggettiva. Di Nimby (Not in my back yard) si parla perlopiù con accezione negativa, come «sindrome» che mira a paralizzare le iniziative di carattere generale per interessi locali: una forma di egoismo. D’altra parte, la mobilitazione delle collettività residenti su un determinato territorio può integrare principi di partecipazione alla cosa pubblica da parte di soggetti che, proprio per un fattore di vicinanza, meglio conoscono la realtà in ogni suo aspetto e se ne fanno carico: una forma di altruismo.
L’effetto Nimby non è, in sé, né buono né cattivo. Può rappresentare un’opinione aggregata, in quanto tale rispettabile, su un determinato fenomeno, nell’ambito di una determinata visione della società e dell’economia. Può consistere nella difesa di un territorio e di valori ritenuti in pericolo. Può essere un tentativo di tutela di interessi particolari o di rendite di posizione. Può prendere vita da persone visionarie o miopi. Come, del resto, le convinzioni contrarie possono essere ugualmente egoiste o altruiste, approfondite o superficiali, di ampio respiro o di orizzonte ristretto.
Quello che conta, alla fine, sono tre punti. Il primo è la valutazione della fattispecie concreta sulla base degli interessi coinvolti, pubblici innanzi tutto, ma anche privati, individuando la soluzione che meglio risponde alla sensibilità sociale. In questo senso, che collettività locali facciano emergere problematiche specifiche sulla base della maggiore conoscenza del territorio è un fattore positivo. Il secondo punto è che le resistenze non si limitino a una paralisi immotivata di tutto quanto comporta un intervento materiale, ma che l’apporto abbia in primo luogo una valenza informativa e di sensibilizzazione. Infine occorre che il processo democratico non vada in corto circuito, con poche persone che vogliano, e sia loro consentito, affermare la propria volontà su quella della maggioranza.
Il compito dei pubblici poteri diventa allora di considerare questi tre profili per far sì che la decisione finale tenga conto delle resistenze, senza negarne a priori la validità e senza — al contrario — arrendersi acriticamente a esse. Senza applicare, pertanto, la diversa sindrome Nimto: Not in my term of office.