Coca, colombiani e calabresi Ventisei anni a Ventrici, broker del narcotraffico
Pene pesantissime, per complessivi 171 anni, arrivano al termine del processo di primo grado Due Torri Connection, un’inchiesta che nel 2011 smantellò un’associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico, stabilmente radicata a Bologna ma con legami solidi con la ‘ndrangheta. Il capo indiscusso del gruppo, il calabrese Francesco Ventrici, vicino al clan Mancuso e capace per la Dda di spostare tonnellate di cocaina dal Sudamerica, è stato condannato a ventisei anni di galera, più di quanto chiesto dal pm dell’Antimafia Enrico Cieri.
Sul banco degli imputati per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, c’erano oltre al 45enne Ventrici, altre undici persone, tra cui il colombiano Raul Cano Isaza, detto «il negrito», che in Sudamerica teneva i contatti tra acquirenti italiani e venditori colombiani e con le autorità militari dell’aeroporto di Quito (Ecuador) da dove doveva partire un carico di 1.500 kg di cocaina che però non partì mai perché i narcos rincararono il prezzo della partita e nel frattempo ai polsi di Ventrici e dei suoi scattarono le manette.
L’unico assolto è il 36enne Giuseppe Grillo, anche lui di San Calogero in provincia di Vibo Valentia come Ventrici, difeso dall’avvocato Fausto Bruzzese. Suo fratello Antonio, detto «il bisonte», è stato condannato a 17 anni di carcere, così come Italo Iannello, Vicente Mari, Angelo Mercuri, Giuseppe Simonelli e Ferdinando Zappia. Tredici anni sono stati inflitti a Marco Di Maurizio e Claudio Zippilli.
Il bisonte per l’accusa era il braccio destro di Ventrici, l’uomo di fiducia che volava in Ecuador, Spagna, Austria e Slovenia per seguire i traffici. I giudici non hanno riconosciuto però l’aggravante della transnazionalità dei traffici perché l’unico carico accertato da una tonnellata e mezzo di cocaina non arrivò mai e quindi le condanne sono state inflitte per il tentativo di importazione.
Ventrici, considerato il broker della droga per le cosche calabresi, ha sul groppone già pesanti condanne. A sedici anni in abbreviato, più altri dodici già passati in giudicato ed è detenuto nel carcere della Dozza. Ieri mattina è finalmente arrivato in Tribunale i al termine di una mattinata rocambolesca. L’udienza era fissata alle 10 del mattino ma è slittata fino alle 14 perché Ventrici, unico imputato detenuto, non era stato portato in aula come suo diritto dalla polizia penitenziaria. I colpi di scena non erano mancati neanche nel processo: dopo le richieste dell’accusa, formulate a maggio 2016 e le arringhe dei difensori, i giudici si erano riuniti in camera di consiglio, interrotta poco dopo perché la Corte dispose con un’ordinanza di sentire nuovamente un ufficiale di polizia giudiziaria che aveva svolto le indagini. Ieri infine la sentenza.
Le indagini erano partite nel luglio del 2010 da un’informativa della Dea americana (Drug enforcement administration) che avvisò la polizia italiana dei frequenti e sospetti viaggi in Italia del pilota d’aerei tedesco Michael Kramer, che avrebbe dovuto portare il carico da una tonnellata e mezza di coca. Le indagini dello Sco e della Squadra mobile di Bologna portarono alla lussuosa villa in perfetto stile narcos, con tanto di telecamere di videosorveglianza, a San Marino di Bentivoglio, dove viveva Ventrici e dove teneva i summit con i suoi sodali per organizzare i traffici. Nella villa le cimici nascoste di notte dalla polizia captarono le conversazioni, le trattative tra Ventrici e i suoi complici. A un certo punto il carico di coca rimase bloccato a Quito, il pilota che avrebbe dovuto portarlo a Lubiana per poi farlo arrivare a Teramo nei camion sparì e i narcos colombiani sequestrarono i calabresi per ritorsione. Di tutto questo parlava Ventrici con il «negrito» e il «bisonte» nella villa di Bentivoglio e per sbloccare la situazione, al telefono dicevano a Kramer: «Sai Michael la soluzione qual è? Bum, bum, bum...».
Capo indiscusso Ciccio Ventrici cercò di far arrivare dal Sudamerica un carico di 1.500 chili di cocaina