Quel volo in più sui primi piatti Da Omar il tortellino è fuori classe
Nel locale storico di Calderino eccellenza sulle paste e la carta dei vini
Un ristorante può essere raccontato in tanti modi. Anche opposti. C’è chi preferisce fare l’elenco della spesa di tutti i piatti senza comunicare in realtà niente al lettore, stile certe guide. Ho lavorato per anni, troppi, nelle guide, che ora che me ne sono liberato, mi viene da dire: finalmente, basta imposizioni. C’è poi chi, recensendo un ristorante, mette sempre i puntini sulle «i» — come il Verdone del celeberrimo Bianco, Rosso e Verdone con la povera Magda — facendo (forzatamente) il tignoso (o la tignosa) per dare l’idea che ne sa a pacchi. Il mio giudizio sui ristoranti è basato soprattutto sull’onestà intellettuale dei gestori (che va di pari passo con la qualità). Per anni (quando lavoravo per guide e altro) ho mangiato (costretto) spesso porcherie, dovendo poi seguire dei dettami di recensione, dove non c’era mai lo spazio per l’aspetto umano/umanistico. Andare al ristorante per me significa fare un investimento (non solo economico) sulla giornata (pranzo o cena che sia). Per questo amo i posti che pulsano, i luoghi dove batte il cuore. E se poi un piatto non funziona, chi se ne frega. Io voglio sentire la cucina viva e palpitante. Che è lì per il cliente. Non solo per l’incasso finale. Viva la passione. Alla Nuova Roma ci ero venuto diverse volte e anni fa, ma mai avevo mangiato così bene. La cucina del territorio di questo locale — vintage ed agée nei suoi arredi — in bocca è esplosiva, soprattutto nei primi. Il tortellino in brodo di gallina (il ripieno è a crudo) è buonissimo. Ma, come dire, non è solo buonissimo. È oltre, si pone in una categoria di quelle da ricordare. Cambio di brodo per la zuppa imperiale: cappone a mille. Denso e concentrato, che se lo lasci fuori dalla finestra per la notte, ti si formano due dita di grasso. Ma che lussuria. Gramigna con la salsiccia: riuscire, dopo lunga cottura, a non far «sfaldare» in acidità il pomodoro, non è da tutti. Tagliatella al prosciutto di bella masticazione e pulizia finale in bocca. Fra gli antipasti applauso per il Prosciutto di Tanara (siamo a Langhirano), per «quel che resta» della mortadella di Pasquini e per le crescentine, di volatile leggerezza. Il resto è molto più nella norma di chi sceglie un prodotto buono, ma non di eccellenza (difficile, in effetti, anche trovarlo il prodotto d’eccellenza). Nei secondi vincono i Fegatelli di maiale allo spiedo avvolti nella rete con il friggione (vi chiederanno anche la cottura che preferite). Carta dei vini molto importante (purtroppo senza indicazione di annata, ma Omar qualsiasi cosa gli chiediate, sa tutto a memoria), con ricarichi irrisori sulle grandi etichette (sugli champagne vi potrete scatenare). Conto sui 35/40 euro. «Dai mo», come ama ripetere, in stile mantra, il titolare alla sua clientela.