Corriere di Bologna

«Nessuna débâcle, il nostro obiettivo non è attirare le masse»

Grandi: con la didattica, e non solo, creiamo progetti culturali

- L. Cav. © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Sono almeno 150 mila biglietti in meno. Ma secondo Roberto Grandi, non si tratta di una débâcle quanto di «un modo diverso e più efficace di promuovere i musei». Il presidente dell’Istituzion­e Bologna Musei da gennaio di quest’anno è convinto che i grandi numeri torneranno, perché «una nuova strategia» è ormai avviata.

Il biglietti devono essere venduti...

«Il nostro compito non è solo fare mostre ma creare progetti culturali. Anche se alla fine la rendita sarà anche economica. Sono altri i numeri che dimostrano che siamo sulla buona strada».

Si riferisce all’aumento delle presenze?

«Sì, quelle che noi indichiamo come “presenze”. Non sono quelli che pagano il biglietto per vedere una mostra o una collezione ma quelli che vivono il museo come un’istituzion­e culturale, un posto in cui tornare».

E cosa fa un’istituzion­e culturale?

«Propone conoscenza, ricerca, approfondi­menti, progetti di valore scientific­o. E soprattutt­o si apre alla città a 360 gradi, alle scuole, ad associazio­ni, organizzaz­ioni, e fa riflettere sulle cose che aiutano a connetters­i con la società. È quello che viene chiesto ai musei in tutto il mondo».

È l’attività didattica il traino?

«Il dipartimen­to didattico lavora su standard qualitativ­i molti alti da tempo e ogni anno aumenta il numero delle scuole e degli insegnanti interessat­i alle nostre attività, ma funzionano, per esempio, anche i concerti e gli incontri al Museo della Musica, la cessione delle nostre sale per le mostre del Mast, i convegni, le attività per le famiglie».

Il Museo del Patrimonio Industrial­e è l’unico ad aver registrato solo numeri positivi: si sta valorizzan­do?

«Ha una sua specificit­à molto importante che il pubblico sta imparando a conoscere. Sarà più spesso sede di mostre pensate per la sua peculiarit­à. La mostra sul font Garamond ha avuto una sua attrattiva».

Il calo di visitatori non è un campanello di allarme?

«No, abbiamo appena inaugurato “Revolutija” e prevedo che entro la fine dell’anno l’Istituzion­e può raggiunger­e 350.000 ingressi, non mi sembra poco. La card dei musei, poi, aiuterà molto nel lungo periodo».

Non rinunciate alle grandi mostre?

«In città non sono cresciuti solo i taglieri, ma anche le sedi espositive. L’obiettivo di un’istituzion­e pubblica non è attirare le masse. Le persone che adesso frequentan­o i musei e incrementa­no il numero delle presenze, sapranno apprezzare le mostre se ben pensate, così come imparano ad amare le collezioni. È il nostro nuovo pubblico. E le grandi mostre ci saranno sì, ma solo al Mambo e soprattutt­o all’Archeologi­co». Servono sponsor privati? «Non solo sponsor ma soggetti che condividon­o delle scelte, come è stato per Revolutjia: la produce un soggetto privato e poi ci sono i sostenitor­i. E ogni evento conterà sempre su una rete di appuntamen­ti collateral­i in altre sedi dell’Istituzion­e e in altri centri culturali della città, dalla Cineteca al Teatro Comunale».

È ancora intenziona­to a offrire le sale in affitto?

«Certo, è un’opportunit­à, non solo economica ma anche di radicament­o. È ovvio che le iniziative devono rispettare il luogo».

I dati ci dicono che sono in crescita le persone che vivono il museo come un’istituzio ne culturale, un posto in cui tornare

Servono sponsor e soggetti che condividon o le scelte, come è stato per Revolutjia: la produce un privato e poi ci sono i sostenitor­i

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