«Cammelli a Barbiana», D’Elia narra Don Milani
Lo spettacolo sul prete fiorentino va in scena oggi e domani al Teatro Drama di Modena
A volte gli anniversari si rivelano utili occasioni per approfondire nodi culturali che altrimenti correrebbero il rischio di perdersi nell’oblio o nell’approssimazione.
Così è stato per la ricorrenza dei cinquanta anni dalla morte di don Lorenzo Milani, priore di Barbiana, prete al fianco degli ultimi. L’anno si è aperto in anticipo con il bel libro biografico di Eraldo Affinati L’uomo del futuro (2016).
Nel 2017 i Meridiani Mondadori hanno pubblicato in due tomi tutte le opere del prete fiorentino, e sui palcoscenici è arrivato il lungo affresco biografico Vangelo secondo Lorenzo, presentato al festival dell’Istituto del dramma popolare di San Miniato, un lavoro corale non esente da difetti di bozzettismo. Sembra invece molto concentrato Cammelli a Barbiana, lo spettacolo che stasera alle 21 e domani alle 18 si può vedere al teatro Drama di Modena (viale Buon Pastore 57, info 328/1827323). È scritto da Francesco Niccolini e Luigi D’Elia, che ne è anche l’interprete, con la regia di Fabrizio Saccomanno.
Niccolini ha collaborato come autore con Marco Paolini e altri attori; D’Elia ha all’attivo molte narrazioni per ragazzi e qui racconta, per la prima volta, a un pubblico adulto. In scena, per questa storia di impegno morale, personale, religioso, sociale, nessun orpello: solo una sedia e l’attore.
Don Milani è noto per la sua carica pastorale e pedagogica e per la sua coerenza evangelica radicale, non disgiunta da un rispetto puntuale delle regole d’ubbidienza, che spesso gli causarono dirompenti conflitti interiori prima ancora che con la gerarchia ecclesiastica. La sua vicenda va collocata in un ambito biografico ricchissimo di fili contrastanti. Di agiata e colta famiglia con ascendenze ebraiche, votato da giovane alla pittura, ebbe un particolarissimo cammino di formazione che lo portò alla fede e a un sacerdozio vissuto come testimonianza al fianco degli esclusi. Visse tra i conflitti ideologici del dopoguerra, scegliendo la fede ma anche i poveri, quelli che spesso militavano dall’altra parte della barricata. Insegnò in un borgo sperduto tra i boschi, dove faceva lezione abolendo i banchi, le distinzioni tra «bravi» e «somari», i voti, rendendo materia di studio la realtà.
«La sua vita ha folgorato l’anima della chiesa, il cuore della scuola, i boschi sperduti