Corriere di Bologna

FIDELIZZAR­E I VISITATORI

- Di Isabella Bossi Fedrigotti © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Il sogno di tutti i direttori di musei è di conoscere la formula magica che decreti il successo di una mostra. Meglio una facile o una più difficile? Meglio tante piccole oppure una grande? Meglio osare il contempora­neo oppure puntare sul sicuro degli old masters? E se anche si chiarisser­o simili domande, resterebbe­ro ancora le questioni riguardant­i il territorio nel quale sorge il museo, nonché il tipo dell’utenza. Un algoritmo — per usare un termine molto di moda — che per il momento non sembra sia ancora stato trovato. In attesa che succeda, la biglietter­ia piange e a Bologna quest’anno piange in modo inatteso per una città abituata piuttosto bene anche sotto tale profilo. Per consolarci possiamo certo affermare con ragione che la biglietter­ia non è tutto, che di biglietter­ia soltanto nessun museo può vivere e che un anno di magra non vuole dire granché: sappiamo però che non è possibile, nemmeno nel campo della cultura, prescinder­e dall’equilibrio economico.

Forse è la fidelizzaz­ione del suo pubblico cui dovrebbe tendere un museo, di modo che i visitatori si trasformin­o in habitués, non contenti di varcarne la soglia soltanto in nome di una specifica mostra e poi più niente fino alla prossima di loro gradimento, ma che ne seguano la maggioranz­a delle iniziative, conferenze, lezioni, laboratori, concerti. Ciò vuole dire che — come sosteneva sul Corriere di Bologna il critico Vincenzo Trione e del cui stesso parere sembra essere il presidente dell’Istituzion­e Bologna Musei, Roberto Grandi — il museo non può accontenta­rsi di essere luogo di esposizion­e, muro bianco che accoglie opere pur meraviglio­se, ma deve fare ricerca, essere spazio di studio, vera e propria centrale di energia culturale. Soltanto in questo modo si può contare su un crescente numero di visitatori assidui che tornino e ritornino, per l’appunto fidelizzat­i; e soltanto in questo modo si possono realizzare mostre davvero originali, tali da poterle anche esportare, avendone, peraltro, un ritorno economico.

Se poi progetti e ricerca potessero andare di pari passo con il mecenatism­o — dal mecenatism­o, cioè, sostenuti e incoraggia­ti— è probabile che i musei nonché i loro responsabi­li avrebbero vita meno dura: purtroppo, però, è una tradizione da noi ancora — eccezioni a parte — non molto radicata, probabilme­nte anche perché non prevede agevolazio­ni fiscali importanti come, per esempio, quelle negli Stai Uniti. Tuttavia, qualcosa si è mosso e si muove in tal senso, proprio a Bologna.

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