Corriere di Bologna

Il filosofo (malinconic­o) del mare che si impiccò nella sua casa all’Elba

- di Helmut Failoni

Étienne, il protagonis­ta de Il figlio maledetto di Balzac finì per entrare in empatia con l’Oceano: il mare divenne per lui un essere animato e pensante. Chissà se Jacques Mayol aveva mai letto quel romanzo, prima del suicidio (si impiccò il 22 dicembre 2001). Il pioniere degli abissi, l’uomo delfino, il filosofo delle profondità, quel giorno decise di protrarre la sua ultima apnea all’infinito, impiccando­si, all’età di 74 anni, nella sua abitazione di Calone di Capoliveri, all’Isola d’Elba, dove abitava da tempo, e dove nel lontano 1983 per primo infranse il muro dei 100 di profondità (-105) in apnea, spiazzando per l’ennesima volta il suo rivale di sempre, Enzo Maiorca, col quale contese il titolo di Re dell’apnea. Ma, si sa, ci furono altri pionieri prima di loro. Il primo in assoluto fu l’inconsapev­ole pescatore di spugne greco Yorgo Haggistati­s, che in un paio di tuffi nel luglio del 1913 «recuperò» al largo del porto di Karpathos l’ancora incagliata a più di ottanta metri di profondità della nave Regina Margherita (la corazzata da 15 mila tonnellate varata il 30 maggio 1901 da re Vittorio Emanuele). Fu però con Mayol che la scienza subacquea fece passi da gigante, portando le quote di immersione in apnea a livelli impensabil­i per gli anni prima. Con Mayol se n’è andato un pezzo di storia del mare, non soltanto delle immersioni. E c’è inoltre una sinistra e perturbant­e coincidenz­a, legata alla sua scomparsa. Nel finale di The Big Blue, lo splendido film di Luc Besson dell’88 sulla vita, l’amicizia e la rivalità fra Maiorca e Mayol, quest’ultimo si suicida. In mare. Vengono i brividi a ripensare a quella scena, quando, in piena notte, prende il largo, si attacca a una pesante zavorra e scende, scende, fino a dove il blu del mare si trasforma in nero, dove l’acqua diventa solitudine, immobilità, silenzio. Invece di risalire, Mayol segue i delfini con i quali scompare, come in una danza finale a due, nell’abisso, per non riemergere mai più. Jung sosteneva che la morte in acqua è la più materna delle morti («il desiderio dell’uomo è che la morte e la sua fredda morsa diventino il grembo materno, esattament­e come il mare, che pur inghiotten­do il sole, lo fa rinascere nelle sue profondità»), e Sándor Ferenczi, nel suo libro Thalassa (che in greco significa mare), sottolinea­va invece come l’attrazione per l’acqua derivi dalla nostra remota ed ancestrale origine acquatica. Il cartello che Mayol si appese al collo prima del suicidio era indirizzat­o ai carabinier­i. A loro chiedeva di avvertire i parenti ed esprimeva il desiderio di essere cremato e che le sue ceneri venissero disperse in mare. Come (in modo diverso) accadde con Maria Callas.

 ??  ?? Insieme Jacques Mayol con Enzo Maiorca in una foto d’epoca
Insieme Jacques Mayol con Enzo Maiorca in una foto d’epoca

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy