La Speranzosa e il marito Etilico affollano «La Casa del popolo»
Lo spettacolo tratto dal testo di Nicola Bonazzi per il Teatro dell’Argine all’Itc
Esiste ancora il popolo, quello dei lavoratori che avanzavano verso il sol dell’avvenir? Da questa domanda, che potrebbe dare luogo a pensieri ponderosi, nasce il nuovo spettacolo del Teatro dell’Argine, Casa del popolo, testo di Nicola Bonazzi, regia di Andrea Paolucci, da un’idea di Andrea Lupo del Teatro delle Temperie. Le due compagnie sono impegnate da anni in un lavoro in relazione con i rispettivi territori, San Lazzaro e Crespellano, e quest’ultimo lavoro risente, con un po’ di «nostalgia canaglia», della fascinazione di persone, epiche, terre come quelle emiliane in cui è ben radicata la cooperazione a scopi politici, di difesa del consumo, di divertimento, di cultura.
Lo spettacolo non ha però retrogusti pesanti: la riflessione è sviluppata in modo volutamente popolare, diretto, divertente attraverso un gioco di trasformismo di due attori e un’attrice che interpretano vari personaggi, con umorismo e capacità di sbozzare con pochi tratti figure caratteristiche.
Siamo su una stretta pedana con una porta rossa come fondale. Si inizia tra le nebbie di luci azzurrate guardando un orizzonte che sempre si sposta, da cercare e forse mai raggiungere.
Siamo quindi precipitati in un’assemblea del 1917 per la fondazione della Casa del popolo Leone Troschi (scritto così) Maccaferri, con i diversi personaggi che a poco a poco si definiscono con tratti di maschere. C’è il verbalizzante Salame, uno che ha fatto le elementari e sa scrivere, il Presidente, il medico condotto dall’eloquio forbito e retorico che i presenti non sempre ca- piscono, Delmo, il matto del paese, Speranzosa, che irrompe per recuperare il marito Etilico… Appaiono la fascinosa Sboldrona, lo stesso Etilico, Butafògh e altri tipi, colti sempre dai bravi Andrea Lupo, Giovanni Dispenza e Micaela Casalboni (una nota particolare per lei) con pochi, efficaci tratti che ci riportano a figure che chiunque abbia frequentato anche solo una Festa dell’Unità ha incontrato.
L’assemblea continua, con momenti di comicità irresistibile, mentre i tempi cambiano, la Casa del popolo viene chiusa e diventa Casa del fascio. Arrivano il dopoguerra, il boom, l’immigrazione dei meridionali , la televisione, i giorni nostri… Si insinua la malinconia: il noi, la «piazza coperta» diventa sempre di più un «io». Alle discussioni, ai balli e alle tombole subentra lo stare in casa, davanti alla televisione. Si perde l’idea stessa di popolo come comunità, finendo in tanti «io» sempre più isolati e circondati dalla paura. Lo spettacolo non vuole, però inquietare, aprire problemi come ferite: si mantiene leggero anche nei passaggi più forti, scegliendo, per essere popolare, un deliberato, divertito restare in superficie. «Casa del popolo» di Nicola Bonazzi, regia Andrea Paolucci, all’Itc Teatro di San Lazzaro. Oggi alle 16.30