«Villa delle Rose gioiello sprecato»
Eccher e il calo dei visitatori nei Civici: «Occorre fermare i turisti»
Bologna fa boom di turisti, che poi non vanno, o vanno poco, nei musei della città. I dati parlano chiaro: 150 mila visitatori in meno nei Civici e 80 mila in quelli di Genus Bononiae.
Danilo Eccher, direttore di musei tra cui la Galleria d’are moderna di Bologna a fine anni 90, che ne pensa?
«È quasi naturale che chi viene per la prima volta in città si dedichi più a conoscerla che a scoprirne i musei. Il vero problema è fermare il turista, far sì che torni. Questa è la grande sfida in cui l’offerta culturale gioca un ruolo importante».
Per attrarlo nei musei è necessario puntare sulle mostre-evento?
«Io ho qualche riserva nella distinzione che si fa tra un pubblico specialistico, raffinato, e uno più generico legato alle grandi mostre. Questa distinzione sta scomparendo perché il pubblico generico si sta sempre più affinando ed evolvendo anche da un punto di vista culturale e ha una richiesta di servizi e attività più ampia che lo avvicina al pubblico più specialistico. È la nuova sfida dei curatori».
Rispetto a questa sfida come vede Bologna?
«Credo che su questi temi si stiano muovendo tutte le istituzioni, non solo italiane. Christie’s ad esempio ha venduto recentemente il Salvator mundi di Leonardo a New York mettendolo in un’asta di arte contemporanea, mescolando così un pubblico che altrimenti non si mescolerebbe. È una strategia che si sta espandendo. Sto curando una mostra molto difficile al Chiostro del Bramante che si chiama Enjoy con artisti di grande levatura ma difficili, e sta facendo 140mila visitatori. Adottando strategie di presentazione e illustrazione accattivanti si riesce ad ottenere consenso molto alto. Siamo chiamati a svolgere questo ruolo. La stessa Galleria nazionale d’arte moderna ha mescolato arte moderna e arte contemporanea nelle sue Collezioni, come avevo già fatto 10 anni fa a Torino e come aveva fatto 20 anni fa la Tate Modern a Londra. Questo ha portato a un grande aumento di publico. È un processo di meticciato culturale in cui l’alto e il basso devono trovare punti di comunione. Senza rinunciare alle grandi opere e ad artisti di grande spessore».
Questa strategia l’ha utilizzata anche per la mostra su Boltanski a Bologna?
«Esatto, questo è un altro esempio. Si è mantenuto un grande livello di qualità senza rinunciare alla spettacolarizzazione, coinvolgendo l’Accademia, il teatro, spazi e altri musei come lo stesso museo di Ustica poco conosciuto».
Bologna ha tanti musei, una ricchezza?
«L’ho sempre considerata una città diversa dalle altre, realmente colta, e non solo perché ha l’Università più antica del mondo occidentale, e culturalmente molto vivace. Mi spiace solo vedere i dati in calo di uno spazio meraviglioso come Villa delle Rose, a cui sono molto legato e che ha fatto innamorare molti artisti internazionali. È uno spazio magico, oltre ad essere stato uno dei primi musei d’arte contemporanea in Italia . È un piccolo gioiello che, se messo in condizioni di lavorare, potrebbe non avere rivali».
Su cosa si potrebbe puntare di più in città, oltre che su Villa delle Rose?
«Mentre in tutto il mondo le fiere d’arte contemporanea hanno ricadute forti sul territorio, si pensi a come Regione Piemonte e Comune investono su quella di Torino, quella di Bologna, la più antica e quella che può vantare una tradizione straordinaria, ha perso un po’ di smalto. Ora c’è una nuova direzione, che è sicuramente capace, e spero riprenda fiato. Merita un rilancio adeguato».
Mi spiace vedere in calo i dati di uno spazio meraviglioso e magico come la Villa delle Rose, che ha fatto innamorare molti artisti internazionali