Il Bologna e quelle ambizioni perdute Per crescere bisogna puntare in alto
I rossoblù sono ancora a caccia della mentalità vincente, ingrediente fondamentale per migliorare
Ha la mentalità da perdente chi ritiene che il Bologna abbia perso con onore a San Siro contro il Milan, non è così, quella è una sconfitta grave almeno per due motivi.
Il primo: era un Milan di nome ma non di fatto, non a caso solo una settimana prima aveva consentito al Benevento di confezionare il primo e unico punto del suo campionato. Poi il secondo: quando il tuo dirimpettaio è in grande affanno sia fisico che psicologico, se proprio ti va male puoi chiudere la partita con un pareggio, ma perdere no, non esiste. Soprattutto se poi il gol lo prendi di testa da uno che non è un gigante su un cross che arriva dalla trequarti ed è di facile lettura per chi deve difendere. Certo, il cerino è rimasto tra le mani di Torosidis che si è fatto sovrastare da Bonaventura (e non da Mandzukic, questo è vero), ma la colpa è stata dell’intero Bologna, che non ha difeso da squadra come avrebbe dovuto fare.
Alla fine dei giochi Roberto Donadoni ha parlato di mancanza di malizia, ma senza voler leggere fino in fondo dentro i suoi pensieri probabilmente avrebbe voluto sottolineare anche come questo Bologna abbia poca qualità in mezzo al campo e in troppi momenti anche poca cattiveria. Perché solo così si possono spiegare le scelte sbagliate che troppo spesso quelli del Bologna fanno nelle ripartenze, anche quando sono in superiorità numerica. E attenzione, per questo secondo concetto il discorso riguarda anche Simone Verdi, al di là delle pennellate da grande artista che ogni tanto regala.
Tanto per entrare ancora più dentro la notte di San Siro, vanno evidenziati anche gli errori di Palacio nei contrattacchi, perché alla fine hanno pesato: detto che cinquanta giorni fa questa partita l’avrebbe vinta da solo come è accaduto contro la Spal, era facile pensare che non potesse continuare a giocare a certi ritmi alla luce dei numeri della sua carta di identità, ma l’argentino basta solo aspettarlo, tornerà a quei livelli. Caso mai il problema sono gli altri, che non hanno addosso né la voglia né la fame di crescere o non hanno la qualità per farlo. Perché se una volta non cogli l’attimo ti può anche essere andata male, ma se da un anno a questa parte quando puoi svoltare l’attimo non lo cogli mai allora vuol dire che per ora sei questo e vai a sapere se un benedetto giorni potrai diventare un altro. Di sicuro non lo diventerai per grazia ricevuta, ma solo se lo vorrai fortemente.
E la verità è che nel Bologna di oggi nessuno fortemente lo vuole, o quantomeno evidenzia di volerlo, al di là di quella che è la qualità dell’uno e dell’altro. La traduzione di quanto detto è la seguente: se l’andazzo non cambierà alla svelta questo Bologna sarà nella migliore delle ipotesi da undicesimo posto, inutile sperare che possa trovare uno spazio nella facciata sinistra della classifica.
Sì, servirebbe anche qualche dose di ambizione in più dentro Casteldebole, e questo discorso riguarda anche il governo del Bologna, a cominciare da Joey Saputo. Perché a forza di dire che «siamo perfettamente in linea con quelli che sono i nostri programmi» finisce che invii un concetto sbagliato anche ai giocatori, che invece di darsi una mossa per poter finalmente crescere ecco che corrono addirittura il rischio di accontentarsi e di conseguenza di sedersi, soprattutto i più giovani.