La musica secondo il critico Simon Reynolds che presenta il suo libro
Il nome del critico musicale Simon Reynolds è spesso abbinato al termine post-rock, da lui coniato. Ma al cinquantaquattrenne londinese con la faccia da ragazzino, studi a Oxford e collaborazioni con riviste musicali quali Melody Maker e Rolling Stone, si devono autorevoli saggi sulle culture musicali. Come l’ultimo, Polvere di stelle: il glam rock dalle origini ai giorni nostri, edito da Minimum fax, che lui stesso presenterà oggi a Bologna, alle 19 alla Galleriapiù di via del Porto 48, a colloquio con il dj e producer Riccardo Balli. Reynolds aveva scritto nel 2005 un libro sul cosiddetto post-punk e poi, nel 2011, con Retromania aveva indagato la tendenza diffusa alla nostalgia di un passato, non solo musicale, considerato mitico. Sotto il microscopio di Reynolds ora è finito il «glam» in un volume scritto prima del 2016, ma rivisto in seguito alla scomparsa di David Bowie con la passione di un fan sconvolto. Ancora una volta la musica, muovendosi fra Marc Bolan, Alice Cooper, Gary Glitter, Lou Reed, Roxy Music, New York Dolls, Queen, Ultravox e Kraftwerk, è utilizzata per leggere i tempi, tracciando audaci connessioni tra disparate forme artistiche. Con Oscar Wilde che diventa il «profeta del glam», mentre l’ascesa del rock parodico negli anni 70 rientra nel concetto di maniera delineato dal filosofo Oswald Spengler nel suo celebre Il tramonto dell’Occidente. Il glam, sostiene Reynolds, «riflette una voglia di leggerezza ma anche di disillusione: la gente non crede più nel cambiamento e così, tramontate le idee di rivoluzione collettiva degli anni 60, negli anni 70 si cerca una fuga individuale. In sintesi, “Il rock non può cambiare il mondo ma forse può cambiare il mio mondo”. Per questo molte canzoni parlano della fama, divenuta la nuova utopia». (P. D. D.)