Spese pazze, paga solo Monari
Condannato l’ex capogruppo pd: 4 anni e 4 mesi. «Questa politica non mi manca»
Alla fine paga solo Marco Monari. Gli altri dodici ex consiglieri del pd escono assolti dal processo per le spese pazze in Regione. All’ex capogruppo i giudici hanno inflitto una condanna a 4 anni e 4 mesi per peculato. «Non me l’aspettavo, non è una situazione facile. La politica? Questa non mi manca», ha detto dopo la sentenza Monari. Le assoluzioni sono arrivate con formule diverse, alcune per mancanza di prova del dolo. Non erano cioè consapevoli della irregolarità delle spese. Gli ex consiglieri usciti indenni esultano e pungono la Procura: «Un calvario lungo anni, c’è soddisfazione ma anche amarezza. Ora si apra un dibattito sul rapporto tra politica e magistratura».
Salvi tutti tranne l’ex capogruppo Marco Monari. Finisce così il processo di primo grado per le spese pazze dei consiglieri regionali del Partito democratico nella legislatura 20102014. Ieri il collegio presieduto dal giudice Stefano Scati ha condannato l’ex dem a quattro anni e quattro mesi e alla pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Paga dunque solo l’ex capogruppo, che per il suo ruolo vidimava ogni rimborso spesa, della pattuglia di consiglieri del suo partito finiti a processo per peculato. Gli altri dodici imputati sono stati assolti in parte con formula piena perché il fatto non sussiste, in parte perché il fatto non costituisce reato. Per alcune voci messe a rimborso tra il 2010 e il 2011, cioè, i giudici hanno ritenuto che non ci fosse la prova del dolo: si sarebbe trattato di errori, di scontrini che gli eletti si facevano rimborsare anche se non gli spettava, ma sbagliando inconsapevolmente. Distrazioni non penalmente sanzionabili dunque, ma comunque distrazioni pagate con i soldi di tutti. Assolti dunque, come del resto aveva chiesto la pm Morena Plazzi, Marco Carini, Gabriele Ferrari, Roberto Garbi, Mario Mazzotti, Roberto Montanari, Giuseppe Eugenio Pagani e Damiano Zoffoli. Assolti anche Luciano Vecchi, Rita Moriconi, Thomas Casadei, Vladimiro Fiammenghi e Roberto Piva, per i quali la Procura aveva chiesto condanne tra 18 e 30 mesi.
Nel primo dibattimento della maxi-inchiesta sui rimborsi dei gruppi di viale Aldo Moro, per il filone del Pd ha retto solo l’accusa contro il capogruppo Monari, per il quale la pm chiedeva una condanna a 5 anni (altri erano stati assolti in abbreviato). Ma di tutte le spese che gli venivano contestate, quasi un milione di euro di cui 655.000 di consulenze, il Tribunale lo ha condannato per 23.413,59 euro che gli verranno confiscati se la sentenza passerà in giudicato. La cifra corrisponde alle spese rendicontate ma non strumentali all’esercizio della funzione di consigliere regionale. Tra queste ci sono spese di trasporto, alimentari e per alberghi e ristoranti. Come il soggiorno da 1.100 euro per due notti al Grand hotel dei Dogi a Venezia in concomitanza con lo Sposalizio del Mare o la fattura da 424 euro al ristorante romano La Rosetta. Ma è riuscito a dimostrare che rientrava tra le spese strumentali, invece, la grande abbuffata da più di 600 euro per tre persone al Le Calandre di Padova nel giugno 2010. Il difensore di Monari,avvocato Maurizio Merlini, sottolinea: «Prendiamo atto che la richiesta iniziale che superava i 900mila euro è stata ridotta a poco più di 20mila euro. Si tratta di spese che si riferiscono più che altro a rimborsi chilometrici e siamo convinti che daremo giustificazione in appello». Pende ancora però sulla testa dell’ex capogruppo la sentenza della Corte dei Conti, chiamata a valutare il danno erariale quindi anche senza il dolo, che a giugno scorso lo ha condannato a risarcire mezzo milione di euro per irregolarità nelle rendicontazioni. Stesso destino toccato ali altri ex capigruppo, ora si attende l’appello.
Ieri alla lettura della sentenza Monari non era in aula, c’erano Vecchi, Casadei, Fiammenghi, Piva, Carini, Ferrari. Il giubilo alla fine era unanime: tra abbracci e pacche sulle spalle, per gli assolti è stato il momento per togliersi più di qualche sassolino dalla scarpa. «Non nascondo la soddisfazione per la mia assoluzione — ha detto all’agenzia Dire Mario Mazzotti —, ma questo non allontana l’amarezza e la sensazione di aver subito una grave ingiustizia. Sono stato trascinato assieme a tanti ex consiglieri regionali in un calvario durato cinque anni. Mi aspetto a questo punto — prosegue — che venga affrontata la discussione sul rapporto tra politica e magistratura». «La sentenza di assoluzione — gli fa eco Vecchi — riconosce la mia onestà». Anche l’avvocato Salvatore Tesoriero, difensore di Piva e Casadei, ha espresso «soddisfazione perché il dibattimento ha dimostrato che gran parte delle spese erano strumentali, quelle dubbie semplici errori materiali».«È finito un incubo», confessa l’ex consigliere ferrarese Roberto Montanari.
Al termine della lettura della sentenza, Thomas Casadei, che finì sulla graticola per essersi fatto rimborsare due scontrini da 0,70 centesimi l’uno per l’accesso ai bagni pubblici, ha abbracciato commosso il suo avvocato. Per quella spesa è stato assolto perché il fatto non sussiste: il rimborso era dunque legittimo, anche se rimarrà forse nella memoria degli elettori. «Solo noi possiamo sapere quel che abbiamo passato, ma non serbo rancore per chi mi ha dileggiato» Rimarrà impresso anche il sex toy acquistato da un collaboratore di Rita Moriconi, finito per sbaglio, ha spiegato poi Rosario Genovese, tra gli scontrini che si fece rimborsare. Una distrazione che poi non le è stata contestata nel processo, vista l’assunzione di colpa del collaboratore, ma costatale mesi di imbarazzo.
Il romagnolo Mazzotti «Soddisfatto ma c’è tanta amarezza, ora si apra il dibattito sul rapporto tra politica e magistratura»