LA NOSTRA CITTÀ VIVA E INCERTA
Amettere insieme i sintomi, Bologna appare al volgere dell’anno più viva e insieme incerta che mai. Tanto per cominciare la nostra città riconosce di essere anziana, il che nelle sue condizioni è sempre un atto di realismo. In vista dell’approvazione della nuova legge urbanistica regionale, la sezione locale dell’Associazione nazionale costruttori edili sottolinea che molto più della metà delle abitazioni presenta caratteristiche strutturali superate, anche dal punto di vista della sicurezza e dell’efficienza energetica. Nemmeno il verde pubblico se la passa poi molto bene, come fa sapere il Comune, che tra abbattimenti e messa in sicurezza prevede di intervenire nel 2018 su quasi novemila piante. Come tutte le persone anziane, Bologna mostra inoltre di avere memoria di sé, o almeno tende a rievocare con piacere quel che è stato. Le recenti buone notizie sul progetto della tramvia non riportano soltanto a una ventina d’anni fa, al tempo della giunta di Walter Vitali, ma hanno il potere di evocare l’epoca d’oro del «buon governo» del dopoguerra, la Bologna esemplare sul piano nazionale sotto il profilo dei servizi e del welfare. Il sintomo però che più di tutti illustra la particolare natura del bilico tra passato, presente e futuro in cui Bologna si trova sospesa riguarda le sue mura, vale a dire il progetto per farle rivivere. Un progetto che, come ha spiegato l’architetto Alemagna che l’ha avanzato, prevede tra l’altro il restauro di quanto resta dell’impianto originario, la ricostruzione a terra del tracciato, una nuova illuminazione. Jadra Bentini, presidente di Italia Nostra, ha subito colto il senso autentico della proposta, che è quello di un ripensamento sull’intera città storica, perché è proprio di questo che si tratta. E va da sé che dire a Bologna città storica vuol dire riferirsi, più o meno direttamente, all’intera città.
Sull’urgenza delle ragioni di tale ripensamento non occorre dilungarsi: la globalizzazione riscrive in termini radicali e con estrema velocità le regole del funzionamento del mondo; le città, i soggetti territoriali dotati di personalità storica e politica, sono perciò costretti alla messa a punto di complesse strategie d’adattamento se non di sopravvivenza. Il ricorso alla memoria urbana costituisce al riguardo l’obbligato punto di partenza. Ma la memoria non basta. Quella che risulta decisiva è la coscienza: la ricomprensione di tutti i sintomi all’interno di un coerente ed esplicito progetto politico. Che ancora si stenta a vedere.