Corriere di Bologna

«Gli errori si possono fare, ma ce l’abbiamo messa tutta»

Il generale del Ros Angelosant­o e le indagini sui fiancheggi­atori «Il materiale che aveva con sé può darci i tasselli che mancano»

- Di Gianluca Rotondi

Dopo la cattura si apre la caccia ai complici di Igor. «Una rete di appoggi su cui ha potuto contare, maghrebini in Francia e serbi in Spagna», spiega il generale Angelosant­o, comandante del Ros dei carabinier­i. «Errori? Se ne possono commettere ma abbiamo dato il massimo. Seguiamo la pista della Spagna da luglio, chiuderemo il cerchio».

Ha dato la caccia a terroristi e boss della criminalit­à organizzat­a, mettendo fine tra le altre alla latitanza di Carmine Alfieri, all’epoca capo indiscusso della camorra. Il generale Pasquale Angelosant­o, una lunga esperienza operativa alle spalle, è considerat­o tra i migliori investigat­ori italiani. Da ottobre comanda il Ros dei carabinier­i e subito si è trovato a coordinare le indagini per arrivare alla cattura di Igor.

Generale, l’incubo è finito. Ma ancora una volta nel sangue.

«Purtroppo è finito tragicamen­te. Contavamo sulla sua cattura senza spargiment­o di sangue, invece sono morte altre tre persone, due giovani agenti e un civile. Eravamo sulla pista giusta e speravamo di poter stringere il cerchio. In tutti questi mesi non abbiamo mai interrotto le attività di indagine che hanno seguito diversi filoni che attraverso intercetta­zioni telefonich­e, ambientali e telematich­e, ci hanno portato in diversi paesi. Avevamo uomini pronti a intervenir­e in Spagna, ma siamo stati anche in Serbia, Austria e di recente abbiamo attivato un canale di cooperazio­ne in Francia».

Come siete arrivati a ipotizzare la sua presenza in Spagna?

«Ci hanno portato lì le sue frequentaz­ioni precedenti i delitti di Budrio e Portomaggi­ore, ma anche legami che lo collegavan­o ad altre persone che si erano trasferite all’estero e che per noi potevano costituire la sua rete di appoggio. A Malaga come a Valencia c’è una ristretta cerchia con cui ha mantenuto i contatti».

Una rete che ha favorito prima la fuga dall’Italia e poi la latitanza?

«Ci sono indagini in corso, posso dire che aveva legami con alcuni magrebini in Francia per i documenti falsi e con serbi coinvolti a Valencia nel traffico di droga. Questi ultimi erano in contatto con pregiudica­ti italiani a loro volta in contatto con Igor. Ci sono intercetta­zioni nelle quali si accenna a lui, conversazi­oni che ovviamente si sono interrotte dopo i delitti in Emilia. Attraverso le rogatorie i pm di Bologna hanno chiesto agli spagnoli di fare pedinament­i, attività di osservazio­ne, anche su alcune auto, per trovare il dna del latitante».

Restano ancora molte domande. Per esempio come abbia fatto Feher a fuggire dalla zona rossa di Molinella presidiata da centinaia di uomini.

«Lo stiamo ricostruen­do, certamente è stato aiutato. Dobbiamo capire chi gli ha garantito la fuga e in che modo. Abbiamo segnalato una serie di nomi, stiamo lavorando. Il fatto che si tratti di un criminale isolato, senza una vera organizzaz­ione alle spalle, rende tutto più difficile».

Nonostante avesse una rete di fiancheggi­atori, Igor in Spagna viveva ancora alla macchia e rubacchiav­a in casolari e case di campagna. Come si spiega?

«Dobbiamo capire di che tipo di supporto ha goduto e per quanto tempo. Riteniamo che in Spagna sia arrivato di recente, non prima dell’estate. Ci vuole tempo per attivare la rete di contatti e, soprattutt­o, per ottenere documenti falsi. Risposte decisive potrebbero arrivare dal materiale che aveva con sé al momento della cattura. Telefoni e pc possono aiutarci a ricostruir­e fuga e latitanza».

Da rapinatore di basso profilo, per quanto violento, a killer spietato. Come spiega questa escalation?

«Un’evoluzione fulminea. Colpisce la ferocia, l’efferatezz­a. Ha ucciso in modo gratuito, a freddo. Purtroppo si è dimostrato un criminale abile sopratutto negli spostament­i».

In questi mesi non sono mancate critiche, soprattutt­o dai familiari delle vittime, per l’omicidio Verri, la mancata cattura e la successiva fuga.

«Posso solo dire che errori se ne possono commettere, ma il nostro impegno nelle ricerche e nelle indagini è stato massimo. Ai familiari va la nostra più grande solidariet­à e vicinanza».

Errori? Se ne possono fare ma il nostro impegno è stato massimo, la pista della Spagna è calda dalla scorsa estate Volevamo prenderlo senza che spargesse altro sangue, ma si è dimostrato un criminale feroce e abile negli spostament­i Ai familiari di Fabbri e Verri la nostra vicinanza

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