Corriere di Bologna

Pc, armi e telefoni. I segreti di Igor

Feher è arrivato in Spagna con un pullman di pellegrini provenient­i dalla Francia

- Baccaro

Uno zaino con all’interno quattro pistole, un pc, un tablet e un telefono. È il materiale che aveva con sé Igor al momento della cattura. Due delle armi potrebbero essere quelle rubate alle sue vittime in Emilia. I supporti informatic­i potrebbero svelare la rete di appoggi e complicità su cui ha potuto contare il killer. Procura e carabinier­i continuano a indagare sui fiancheggi­atori, ci sono una dozzina di nomi sotto la lente.

Una delle piste più battute ipotizza che Feher sia arrivato in Spagna in estate a bordo di un pullman di pellegrini. Dall’Italia potrebbe invece essere fuggito grazie al passaggio di un camionista. Intanto oggi Igor, che si è chiuso nel silenzio, comparirà davanti ai giudici spagnoli.

Quattro pistole, tablet, chiavette usb, cellulare e computer portatile: potrebbero essere una miniera di informazio­ni gli oggetti sequestrat­i a Norbert Feher alias Igor Vaclavic al momento della cattura a Cantavieja, in Aragona. È la speranza degli inquirenti italiani. Perché quegli oggetti potrebbero parlare e spiegare molte cose sui fiancheggi­atori del killer. Dal telefono cellulare, dal pc e dal tablet si potranno ricostruir­e i contatti delle persone che hanno aiutato il latitante nella sua fuga dall’Italia e dalla zona rossa e gli hanno permesso di nasconders­i in Spagna.

Una delle ipotesi che sta prendendo piede e sulla quale gli inquirenti stanno facendo ulteriori approfondi­menti è che, come ha spifferato un informator­e fidato, il 36enne serbo si sia nascosto su un autobus di pellegrini. Così potrebbe aver lasciato l’Italia, oppure essere arrivato in Spagna dopo essere passato dalla Francia magari con un passaggio da un camionista. Perché in Francia Feher ha sicurament­e contatti con una rete di falsari di documenti legati a bande di nordafrica­ni che gestiscono lo smercio di documenti necessari a fornire nuove identità a criminali e clandestin­i. L’ipotesi di un passaggio su un pullman diretto verso un luogo santo, coincide anche con una segnalazio­ne arrivata all’associazio­ne Amici di Davide Fabbri che a luglio ha ricevuto una mail da un ragazzo italiano a Madrid: «Sono certo di aver visto Igor all’aeroporto di Madrid, scendere da un autobus di pellegrini e prendere la metro».

Sulle armi sono poi in corso gli esami balistici. Due delle pistole che aveva con sè le ha rubate agli agenti della Guardia civil che ha ammazzato giovedì sera e le altre due potrebbero con molta probabilit­à essere le due armi che si è portato dall’Italia: la Smith&Wesson rubata alla guardia giurata a Consandolo e la pistola portata via a Marco Ravaglia dopo l’omicidio di Valerio Verri.

Nelle rete delle centinaia di persone monitorate in questi mesi, tra cui c’è più di un prete, ce ne sono dieci o dodici che per gli inquirenti sono più interessan­ti degli altri. Non sono indagate per favoreggia­mento, ma qualcuno ha parlato, viaggiato, fatto telefonate o movimenti sospetti. Sei di queste sono italiane e tra di loro c’è Luigi Scrima, l’ex compagno di cella del Ravennate che all’indomani degli omicidi di Budrio e Portomaggi­ore rilasciò parecchie interviste. Chi indaga ha monitorato i suoi contatti in questi mesi e, pezzo dopo pezzo, è arrivato a un boss della droga di stanza a Malaga il cui giro si interseca con le conoscenze di Feher: guardaspal­le serbi che fanno la spola tra l’Italia e la Spagna.

Quella di Malaga, come Valencia, è una delle «zone rosse» che il Ros e il nucleo operativo dei carabinier­i di Bologna avevano segnalato all’autorità giudiziari­a e da cui facevano avanti e indietro da mesi per seguire gli indizi . Altre squadre del Ros sono state mandate in Serbia, Austria e Francia. Nella città natale di Feher, Subotica, le sorelle, la madre, gli altri parenti sono tenuti sotto controllo da mesi. Non hanno mai avuto molti contatti con lui quando era in carcere, ma potrebbero averli avuti per vie indirette, tramite qualche emissario dopo gli omicidi. C’è un parente che più volte è andato in Austria in questi mesi, dopo aver ricevuto un messaggio su WhatsApp da una scheda austriaca anonima. Il pm Marco Forte, tramite rogatoria e volando direttamen­te a Vienna solo pochi giorni fa, stava cercando di capire chi ci fosse dietro quel numero. La madre di Feher, a Subotica, ieri è stata contattata dall’Ansa telefonica­mente ma appena ha sentito il nome del figlio ha riattaccat­o.

Oggi il killer sarà interrogat­o dal magistrato spagnolo, anche se finora non è stato collaborat­ivo e si è chiuso nel silenzio, cercando di depistare gli agenti sulla sua identità al momento dell’arresto. Il giudice Carmen Lamela gli farà anche le domande inviate dalla Procura di Bologna che ha inoltre suggerito agli inquirenti spagnoli di cercare suoi covi sparsi nella zona in cui ha colpito a Teruel, dove, come fece tra Argenta e Molinella, potrebbe aver lasciato tracce e indizi.

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Fine corsa Si è chiusa a Teruel, 170 km da Saragozza, la fuga durata 8 mesi di Norbert Feher, prima ha ucciso altre tre persone

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