UN ALTRO GIORNO DA PECORA
L’idea di schiacciarli per 90’ nella nostra metà campo alla fine non ha pagato. Né è dato sapere se sia la Juve a essere risorta o se, come col Milan, la spasmodica cautela del Bologna abbia rianimato una squadra ultimamente balbettante e litigiosa. Resta un punto: chi pecora si fa, gli Agnelli se lo mangiano. E il timore reverenziale con cui una formazione tutt’altro che scadente affronta queste partite è un limite fondante su cui l’allenatore e il management dovrebbero lavorare di più e meglio. La regola del punto in più e della crescita graduale sono stimolanti come una replica della Santa Messa di Rete 4. Né le cose possono cambiare se la meritocrazia donadoniana tocca tutti i ruoli tranne uno (spiace per Mirante, davvero) e se la parabola caratteriale ascendente di Destro viene gambizzata togliendolo dopo 55’ di una partita difficile ma lottata. Il suo sorriso sarcastico all’uscita racconta di un giocatore recuperato anche caratterialmente, applaudito da un pubblico che certe inerzie pare averle intese più del tecnico, un uomo stimabile che però di fronte alle grandi alterna i proclami del prima alla carota del dopo. Troppa carota. E non farò battute su come usarla. Allargare le braccia e dire che non poteva andare diversamente sarà anche la verità però i tifosi, tipo me, li avvilisce non poco. La squadra non so. Nulla di allarmante, per carità, anche se il Chievo ha perso a Crotone e al prossimo giro sarà il solito pandoro di cemento. Ma di farsi asfaltare così senza reagire anche basta. La strada per un’altra stagioncina è lastricata di rassegnazione. La picconiamo un po’? Forza Bologna.