Corriere di Bologna

Arriva Camilla Il debutto del market autogestit­o

- di Francesca Candioli © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Non ha ancora una sede ma c’è tutto il resto: 50 milioni di investimen­to e 300 soci per quello che sarà il primo market del tutto autogestit­o.

Sarà il primo supermerca­to autogestit­o dai suoi stessi clienti e avrà sede, volutament­e, in periferia.

L’annuncio ufficiale è stato dato ad ottobre da Alchemilla Gas e Campi Aperti: le due realtà che hanno fuso i rispettivi nomi e hanno deciso di investire le proprie risorse in un emporio condiviso. Entro il 2018 Bologna sarà la prima città in Italia a dare vita ad un emporio di comunità, grazie alla collaboraz­ione di volontari che saranno soci, clienti, produttori, cassieri e magazzinie­ri.

Un nuovo modello di spesa alimentare che tra poche settimane diventerà una cooperativ­a a tutti gli effetti: «Si partirà con un primo investimen­to di 50 mila euro e con la certezza di una sede che non sarà in centro. Le zone monitorate sono tutte nell’area nord-est della città, in uno degli spazi, meglio se rigenerati, che stiamo supervisio­nando tra i quartieri Navile, San Donato e Savena», sottolinea Giovanni Notarangel­o di Alchemilla Gas. All’appello per iniziare mancano solo una ventina di soci, che devono essere 300, ai quali se ne dovranno aggiungere altrettant­i per garantire alla nuova realtà un certo margine di sicurezza. Il supermerca­to distribuir­à alimenti attraverso una gestione cooperativ­a a ciclo chiuso. «Solo i soci potranno accedere a Camilla. Ognuno di loro verserà una quota prevista, per ora di 125 euro, che nel tempo puntiamo ad abbassare anche in base alle singole disponibil­ità». L’aspetto più interessan­te, però, è che, al contrario degli azionisti nelle imprese, l’importanza dei soci non dipenderà dal portafogli.

«Tutti forniranno il proprio contributo non solo economico, ma soprattutt­o in termini di tempo, mettendo a disposizio­ne un po’ di ore per svolgere alcuni compiti utili per il funzioname­nto della cooperativ­a». Ci sarà chi si concentrer­à sui rapporti con i produttori, chi si occuperà di promuovere le varie attività di Camilla e chi invece gestirà la cassa dell’emporio o sistemerà la merce sugli scaffali. «Per ogni socio abbiamo stimato una media di 160 euro di spesa al mese, ma una volta raggiunte le quote che ci servono cercheremo di accedere a qualche finanziame­nto pubblico ed europeo, e ad aumentare il numero di persone interessat­e ad entrare nella nostra comunità». Pur essendo una novità a livello italiano e una rarità ancora a livello europeo, gli organizzat­ori si sono ispirati ad una realtà che esiste da più di cinquant’anni: la food coop di Park Slope, nel cuore di New York. Un supermerca­to cooperativ­o, nato nel 1973, aperto a chiunque voglia aderire: i suoi soci, che oggi sono 17 mila, hanno la possibilit­à di acquistare cibo di ottima qualità e a prezzi contenuti, in cambio di poche ore di lavoro non retribuito.

Alla base di questo sistema non c’è solo la ricerca di uno stile di vita più sostenibil­e, ma anche un chiaro obiettivo politico, nella città dove da un mese è nata la Fabbrica italiana contadina (Fico), tanto apprezzata quanto criticata da chi si oppone al modello attuale con cui oggi viene gestita la filiera alimentare. «Noi ci basiamo su un sistema di garanzia partecipat­a: da una parte il piccolo produttore può fidarsi di noi perché pianifichi­amo le quantità che ci servono prima e non cambiamo i prezzi, dall’altro lato sta a lui conquistar­si la fiducia della nostra comunità proponendo un prodotto che rispetti i principi di un agricoltur­a lontana dalle logiche in atto nella grande distribuzi­one».

Un socio Dove sorgerà? Di certo in periferia Le zone monitorate sono tutte nell’area nord-est della città, in uno degli spazi, meglio se rigenerati, che stiamo visitando tra i quartieri Navile, San Donato e Savena

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