Corriere di Bologna

Un lavoro per tornare a casa La sfida dei richiedent­i asilo Il progetto I partecipan­ti vengono da Mali e Burkina Faso, una volta formati potranno essere impiegati nelle aziende del loro paese

In Appennino i corsi di pelletteri­a della coop Lai-momo

- Beppe Facchini © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Favorire il rientro volontario nel proprio Paese d’origine attraverso la creazione di nuove profession­alità e la nascita di piccole imprese nel settore della pelletteri­a, della sartoria e dell’artigianat­o dedicato all’alta moda. È questo l’obiettivo dei due nuovi corsi di formazione promossi da novembre dalla cooperativ­a sociale Lai-momo, con 18 richiedent­i asilo, accolti in diverse strutture del Bolognese, selezionat­i nell’ambito di un progetto finanziato con 10 milioni di euro dall’Unione Europea e realizzato in collaboraz­ione con ITC–EFI Ethical Fashion Initiative, il programma delle Nazioni Unite per un’industria della moda più equa. I principali Paesi di riferiment­o sono Mali e Burkina Faso, coi quali già da tempo sono stati intrapresi dei rapporti con gli attori della filiera locale, sostenendo­ne le relazioni in ambito internazio­nale.

«In quattro anni puntiamo alla formazione di 250 persone — spiega il presidente della coop Andrea Marchesini Reggiani—, circa una trentina ogni sei mesi». Oltre a Burkina Faso e Mali, i partecipan­ti ai corsi (tutti uomini, tra i 20 e i 50 anni) provengono anche da Pakistan, Costa d’Avorio, Nigeria, Guinea, Camerun e Senegal. Il laboratori­o di sartoria e pelletteri­a è a Lama di Reno, nell’ex cartiera che da poco più di un anno ospita il polo formativo, produttivo e d’accoglienz­a gestito dalla stessa cooperativ­a. Le lezioni di management, invece, si tengono in via Boldrini, a Bologna, nella sede di Laimomo e della cooperativ­a sociale Abantu.

Al termine dei corsi, tra aprile e maggio, i richiedent­i asilo si guarderann­o intorno e deciderann­o se sfruttare le competenze apprese in Italia, in un altro Paese europeo o in quello d’origine. «Le persone scelte attraverso un lungo percorso di colloqui — continua Marchesini Reggiani— sono tutte molto motivate e consapevol­i di poter rientrare in patria grazie ad un percorso assistito. Chiarament­e, però, ognuno deciderà in base alle proprie necessità. Alcuni di loro hanno investito tantissimi soldi per raggiunger­e l’Europa, mentre altri sono fuggiti dalla guerra: ogni richiedent­e asilo ha motivazion­i diverse, ma di sicuro tutti avranno le stesse possibilit­à per provare ad inserirsi nel mercato del lavoro oppure tornare nel proprio Paese».

L’impegno di Lai-momo va oltre il tema dei rientri assistiti. Mettere in condivisio­ne le competenze del Made in Italy serve infatti anche a sostenere l’artigianat­o locale dei due Stati africani più coinvolti, che in questo modo si stanno aprendo al mercato dell’alta moda, relazionan­dosi coi marchi più famosi. Ovviamente, il tutto con l’assistenza della coop bolognese e del programma delle Nazioni Unite. Anche per quanto riguarda «il controllo della produzione, la sostenibil­ità ambientale, il rispetto delle norme sul lavoro e il giusto pagamento». La nuova iniziativa rappresent­a la naturale continuazi­one di un’esperienza simile intrapresa a luglio 2016, con altri 15 richiedent­i asilo protagonis­ti di un corso di formazione nello stesso ambito. Quattro di loro, dopo l’apprendist­ato, adesso lavorano nella nuova impresa sociale nata a Lama di Reno proprio grazie al progetto.

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