L’analisi luci e ombre Prodi: «Siamo ancora un po’ provinciali»
Il ritratto in chiaroscuro di Prodi: soffriamo di provincialismo
C’è un momento, nel lungo convegno che celebra il 2017 dell’Emilia-Romagna, che spiega meglio di molti altri la fase in cui si trova la regione. Si parla dell’arrivo del centro meteo europeo a Bologna e Romano Prodi, sul palco col governatore Stefano Bonaccini, sbotta: «Ma quando viene? Bisogna preparare i servizi intorno, le scuole d’inglese per i figli dei tecnici. La regione non è attrezzata a sufficienza». Non è una questione di lana caprina: si tratta, insiste l’ex premier, di «cose che sembrano piccole ma che ci dividono dal resto del mondo. Un po’ come se non avessimo un aeroporto». Insomma, bene l’internazionalizzazione, la crescita e l’uscita dalla crisi. Ma guai a pensare che ora la via Emilia viaggi col pilota automatico solo perché ha agganciato la rivoluzione dell’Industria 4.0.
«Oggi giustamente celebriamo la trasformazione del modello, ma i morti ci sono. Nella nostra area artigianale un terzo dei capannoni è completamente chiuso», ricorda il Professore, che promuove la decisione di Confindustria
Ma il centro meteo quando viene? Bisogna prepararsi per bene, non siamo attrezzati Criticità Secondo Nomisma resta la difficoltà a reperire le risorse umane adeguate
Emilia di organizzarsi per filiere e non più per settori. Il Professore riconosce la crescita ma è più cauto di chi festeggia: «Va bene nelle esportazioni, anche se non sto facendo salti di gioia perché con la crisi che abbiamo avuto si potrebbe andare assai più forte. Però qui c’è un’attrazione di investimenti nuovi, fatto singolare in Italia». Questo non cancella almeno due ordini di problemi. Il primo, quello della formazione: «Manchiamo già di specialisti, di tecnici di avanguardia di cui avremmo bisogno. Serve scuola, scuola e poi un po’ di scuola».
Poi c’è un altro tema ed è quello di abituarsi alla nuova dimensione: «C’è un problema di provincialismo che esiste ancora. Abbiamo attratto imprese multinazionali, ma ancora non c’è una fermentazione nel rapporto, soprattutto universitario e anche nelle imprese, con il mondo straniero». Prodi porta un esempio dalla Bologna Business School: «Qual è il problema che abbiamo per ottenere l’approvazione internazionale? Non abbiamo abbastanza professori stranieri, perché non sappiamo come pagarli col sistema nostro, con tutte le regole».
Per fare un bagno d’umiltà basta ricordare che i livelli pre crisi non sono ancora raggiunti: «I tedeschi sono 15 punti sopra. Il salto in avanti deve diventare una maratona, o non si riacquista quello che avevamo prima». Anche perché in Italia siamo la locomotiva perché il Paese cresce ancora poco, mentre a livello europeo le cose cambiano a livello di competitività: «Siamo messi molto bene nei confronti dei non tedeschi, con problemi nei confronti dei tedeschi».
Non è l’unico monito che arriva nella mattinata a Fico. Nomisma ha collaborato con Unioncamere per il rapporto sull’economia della regione, producendo un lavoro che mette a confronto i punti di forza e gli elementi critici del territorio. Tra i secondi, c’è soprattutto la difficoltà a reperire le risorse umane adeguate, dai tecnici ai laureati nei campi dell’informatica e dell’intelligenza artificiale. Ma l’ex ministro Giulio Santagata, presentando la relazione, ricorda che il mercato del lavoro «si polarizza sempre più».
Un tema che probabilmente rappresenterà il vero elemento critico della regione negli anni a venire. Lo sottolinea l’assessore regionale al Lavoro Patrizio Bianchi: «Oggi abbiamo una frattura, una spaccatura nel mercato del lavoro. E questo è legato anche ai grandi processi di automazione che chiamiamo Industria 4.0». Una rivoluzione, quella della fabbrica intelligente, che porta al boom nella richiesta di ingegneri, con i problemi ben noti di carenza di personale. Ma che ha anche evidenziato altri problemi: «A me domandano sempre ingegneri — insiste Bianchi — ma il rischio è che poi abbiamo una parte senza tutele e senza garanzie. Questa è la cosa che mi preoccupa di più. Il 2018 è l’anno in cui dobbiamo andare verso il sistema a tutela totale». Insomma, l’uscita dalla grande recessione non è sufficiente: «Passata la crisi non è che il mondo è finito. La crisi non è passata per tutti. E attenzione che la trasformazione strutturale dell’Industria 4.0 si porta dietro un rischio di polarizzazione».