La caccia a Igor e quel blitz fallito a Malaga
A settembre la segnalazione dei pm bolognesi. L’Interpol avvertì gli spagnoli della sua pericolosità
I mandati di cattura Il 25 luglio l’Italia avvisò i colleghi iberici che a fine aprile si erano perse le tracce di Feher
Una rogatoria partita a settembre dagli uffici della Procura avvisava gli spagnoli della possibile presenza di Norbert Feher, alias Igor Vaclavic, vicino Malaga. Tre mesi fa gli inquirenti italiani hanno indirizzato gli investigatori spagnoli proprio lì, ma il grupo
fugitivos – corpo speciale della polizia nazionale spagnola – dopo giorni di ricerche a Malaga, dove secondo gli inquirenti bolognesi poteva contare su contatti e appoggi, a Mijas e a Puerto Banús (Marbella) non hanno trovato nulla. Nessuna traccia di quell’uomo segnalato come altamente pericoloso sotto la voce
«Red Notice», legato appunto al profilo di una persona violenta e armata.
E proprio in Spagna, dove una settimana fa è stato catturato il latitante Igor il Russo, il primo mandato d’arresto arrivò sei anni fa per una rapina con violenza sessuale quando l’Interpool di Belgrado inviò un fascicolo con le informazioni legate al serbo Norbert Feher, con tanto di fotografia, con lo stesso sguardo della foto segnaletica diramata all’indomani degli omicidi di aprile qui in Italia, nella bassa bolognese quando partì una cac- cia all’uomo dell’Arma senza precedenti.
Quella di Malaga, come del resto Valencia, è stata una delle «zone rosse» che il Ros e il nucleo operativo dei carabinieri di Bologna avevano segnalato all’autorità giudiziaria e da cui facevano avanti e indietro da mesi per seguire gli indizi con annesse rogatorie. Sono fissate al 2011 e a giugno 2017 le informazioni certe arrivate su Igor. La vera identità del serbo però appare solo negli sguardi, i nomi nei due mandati d’arresto sono diversi, ma la richiesta dell’Interpool a Roma e Belgrado è la stessa: «Mandato d’arresto in attesa di estradizione». Il motivo: rapina a mano armata, lesioni con conseguente morte e omicidio. E in una didascalia della scheda principale c’è scritto «pericoloso, violento». Dunque, scrivono i media spagnoli, gli investigatori iberici, ora nella bufera perché accusati di sottovalutazione
dopo la sparatoria del 5 dicembre nella quale Igor ferì un fabbro e un proprietario di un ranch, sapevano quanto fosse pericoloso il latitante serbo che secondo gli investigatori italiani si era rifugiato lì.
Intanto dall’istituto di Teruel Igor il Russo è stato trasferito nella sezione di massima sicurezza del carcere di Zuera, a due ore di strada. Lì sono passati altri latitanti ricercati dell’Interpool, come Jaime Jiménez Arbe, «El Solitario», che mise a segno più di trenta rapine e uccise due guardie civil, proprio come ha fatto Igor una settimana fa, o come il mafioso georgiano Zakhar Kalashov, detenuto nella stessa prigione. A Zuera è sorvegliato a vista, ma chi lo ha incontrato in questi giorni racconta di un’inquietante calma e freddezza. E soprattutto del suo grande appetito.